Anima Mente Cervello

“L’effetto moltiplicatore: aiutarsi ad aiutare. E’ possibile aiutarsi per riuscire a fare una scienza servizievole”.

Daniela Lucangeli

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(Professoressa di Psicologia dello sviluppo presso l'Università degli Studi di Padova, è esperta di psicologia dell'apprendimento. È autrice di numerosi contributi di ricerca e di intervento nell'ambito dell'apprendimento matematico. È membro di associazioni  scientifiche nazionali e internazionali nell'ambito della psicologia dello sviluppo e dell'apprendimento, e presidente nazionale del Coordinamento Nazionale Insegnanti Specializzati).

Ascolto e Comunità

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In che rapporto stanno l’Ascolto e la Comunità? Come può funzionare un approccio così particolare verso una comunità ampia e diffusa? E nel caso di una città? E’ possibile ascoltare la città?

Mi sono posto queste domande di recente, in occasione di alcune esperienze cittadine in cui la “megafonia” di turno sosteneva di conoscere i bisogni comunitari e a questi offriva già le soluzioni. L’esperienza del Punto d’Incontro San Giorgio, pur essendo una esperienza di pochi anni  e pur avendo un limitato excursus d’impatto sociale, ci ha insegnato come ascoltare la comunità, il gruppo, la famiglia, l’azienda, la città “sia possibile”. In qualsiasi caso occorre mettere al centro la Persona e dalla Persona cominciare partendo da un ascolto autentico, disinteressato.

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“Viviamo tempi complicati e difficili, non si riesce ad ascoltare gli altri e nemmeno se stessi, figuriamoci la città. Eppure sono tempi in cui occorre riscoprire l’importanza dell’Ascolto e di guardare con occhi diversi anche la Città. Proprio così, entrambe con le iniziali maiuscole e già questo è un bel passo avanti. Qui intendiamo Città come comunità, grande famiglia fatta di tante persone ognuna delle quali con una propria storia unica e irripetibile. Intendiamo Ascolto come presupposto e ingrediente fondamentale di una “genuina comunicazione”.

Non ci perdiamo qui su ciò che non è Città e su ciò che non è Ascolto. Focalizziamoci invece su ciò che possono essere, che dovrebbero essere. Sono riflessioni che valgono per tutti, in particolare per chi ha responsabilità maggiori, di relazione, di cura, di educazione e di rappresentanza, per citarne alcune.

Consideriamo oggi come stiamo vivendo, sia a livello personale sia a livello collettivo. E’ indubbio che le parole spesso mal poste, attraverso la televisione, ma soprattutto attraverso le connessioni internet, avvengano esse tramite facebook , twitter o messenger, whatsApp, email e similari, ci sommergano continuamente, ossessivamente e ad ogni momento della nostra vita, privata e professionale. Ci riguarda tutti, anche coloro che, dichiaratamente, scappano dal telefonino o da facebook perché se ne sentono troppo dipendenti o – sempre di più – ne sono schifati o si sono visti offendere.

Siamo sommersi dalla nuova comunicazione, che autentica non è perché non rispetta la persona, non la libera ma, anzi la soffoca, la spinge a cercare contatti frenetici, volanti, virtuali, spesso alterati. La persona è sempre sul filo del rasoio, e tende a non esistere più il confronto diretto che è quello che mette di fronte le persone e che mette in gioco anche emozioni e scambio vero a livello sensoriale, quindi non solo intellettivo.

E’ chiaro che esiste uno stretto legame tra tali fenomeni e la sempre maggiore manipolazione del pensiero umano esercitata ormai spudoratamente da sempre maggiori esponenti anche pubblici, fenomeno “glocal” ormai, e gli esempi si potrebbero sprecare.

Di certo ciò che serve sempre di più è riscoprire i valori fondamentali della persona che devono tornare al centro dell’attenzione in modo sostanziale.

E’ ora di ripartire dall’Ascolto, quello vero, quello per esempio non sondaggista, quello che non teme le “bufale”. L’Ascolto autentico è uno stile di vita, è un modo di essere che favorisce in tutte le persone, grazie all’empatia necessaria e all’assenza di giudizio, il processo di miglioramento. Se è fondamentale tra le persone figuriamoci a livello comunitario: è possibile l’ascolto della Città come di ogni comunità, partendo dalla gente e rivolgendo l’attenzione ai bisogni primari che non sono solo quelli visibili o materiali.  E non sono neanche quelli che noi immaginiamo … La Città è fatta di persone, e la Persona è un universo unico, speciale e complicatissimo. Non c’è categoria, etichetta, associazione o partito che lo possa spiegare e contenere.

Alla persona e alla Città servono autentici processi di valorizzazione che siano mirati a Relazioni e a Dialogo rispettosi, offrendo a tutto ciò che è virtuale e di cui siamo ormai troppo impregnati solo lo spazio necessario e utile.  Da qui le fasi successive dell’Affiancamento e dell’Accompagnamento, che significa «esserci» per sostenere il processo non facile del cambiamento, sia nelle persone sia nella comunità.

Se ci guardiamo attorno, anche solo nell’Alto Vicentino, esperienze che sposano tali impostazioni ci sono e sono efficaci perché partono dal mettere la Persona al centro“.

Gianni Faccin

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[foto tratta da scena del film “Il Pianeta Verde”]

L’attrazione del male

L’attrazione del male
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C’è una strana attrazione per il male oggi.

Ciò che è male sembra essere coraggioso da farsi.

Proviamo invece a fare un salto azzardato verso il bene.

Pensiamo che la persona che ci maltratta è una persona ferita.

Siamo tutti sulla stessa barca.

Incontriamo idealmente chi ci ha fatto del male.

Non è una persona che ha sofferto?

Chi può dire di non aver sofferto in questa vita?

Impariamo dai bambini.

Immersi nel presente non hanno sete di vendetta nè rabbia repressa.

Accolgono quello che accade con purezza e con altrettanta voglia di bene rispondono.

Perché l’uomo soffre il male in quanto votato al bene.

Beatrice Bertoli
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Centro di primo ascolto per tutta la comunità

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Il prossimo mese di dicembre saranno passati cinque anni dall’inaugurazione del Punto d’Incontro San Giorgio, centro di primo ascolto, gestito da un gruppo di circa venti volontari che aderiscono alla locale associazione di volontariato sociale San Giorgio Onlus. L’attività prevede spazi di primo ascolto presso la canonica di Poleo (Schio – Vi) non più in uso al parroco, e presso il vicino centro civico, nonché presso altre realtà vicine. Se necessario, come già avvenuto in questi anni, viene offerto aiuto anche dedicando spazi specifici, riguardanti in particolare “temi economici”, “studio e lavoro”, “volontariato” e “temi esistenziali”. In quest’ultimo caso con attività di counselling.

La foto riportata vede la partecipazione di diversi membri della comunità in occasione della inaugurazione (8 dicembre 2012). Il volantino “non sono più sola” riguarda la campagna in corso verso le persone della terza età e i loro familiari (nel quartiere permane una elevata componente di persone sole e spesso anziane e malate).

Altre foto e informazioni sul presente blog.

Se non io, chi?

Ricordo di Renata

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Foto riportata sopra riprende Renata (in alto a sinistra) con alcuni dei volontari che hanno partecipato al corso di formazione per la costituzione del Punto d’Incontro San Giorgio

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Renata Novello, pedagoga, formatrice e Counselor filosofico, con molta esperienza in campo organizzativo, aziendale e nella formazione, ci ha seguito nella progettualità fin dagli inizi del 2012. Con Renata, presentataci dall’amica e collaboratrice Luciana Dalla Valle, abbiamo stilato e perfezionato due importanti percorsi: “… E se non io, chi?” –  laboratorio di inter-formazione per l’accoglienza e il primo ascolto; e “Intrecciare canestri” – laboratorio per un gruppo di responsabili di volontariato che condividono un comune contesto di riferimento.

Dal primo laboratorio si è poi arrivati spontaneamente alla costituzione, come negli intenti dei fondatori, del Punto d’Incontro San Giorgio (2012 – 2017) e alla fatidica data dell’8 dicembre giornata dell’inaugurazione.

E’ grazie anche a Renata che oggi siamo operativi e siamo qui a raccontarlo.

Nel luglio scorso Renata ci ha lasciato.

La ricordiamo oggi con queste brevi parole rispettando la sua usuale riservatezza e il suo distacco da tutto ciò che potrebbe essere effimero.

Nel rammentare piacevolmente le sue riflessioni e i suoi ragionamenti riportiamo alcuni passi che hanno ispirato il comune percorso, tratti da “Hillel il Vecchio” di Adin Steinzalts (traduzione di Paola Abbina):

“”… può verificarsi una situazione diversa: tu lavori, studi e ti dai da fare. Ed effettivamente ti riesce tutto, nello studio, in società e in famiglia. E allora inizi a pensare: la cosa fondamentale e il principio di tutto sono solo io. Che importanza ha mai ciò che gli altri fanno e l’aiuto che mi danno, posso far tutto da solo. So leggere e scrivere e posso studiare da solo. A casa me la cavo da solo, e a che mi serve che gli altri si occupino di me? Fra i miei amici io sono sempre il leader, sono loro ad aver bisogno di me, io non ho bisogno di nessuno. Qui è di nuovo necessario ricordare le parole di Hillel il Vecchio: “E se io sono per me stesso, cosa sono?”. E’ giusto, l’uomo deve preoccuparsi di fare tutto da solo, e non contare sull’aiuto degli altri. Dall’altra parte però non deve pensare che da solo può fare tutto. Perché tutto ciò che l’uomo sa, tutto ciò che egli fa è basato sulla collaborazione: c’è collaborazione fra amici che si aiutano l’un l’altro per essere un gruppo, e c’è collaborazione in famiglia quando tutti i membri si aiutano e costruiscono insieme la casa. E c’è anche una collaborazione fra le generazioni, quando una generazione passa alla successiva il tesoro delle proprie conoscenze, affinché i giovani e gli studenti proseguano oltre. Così sono necessari i due insegnamenti di Hillel il Vecchio: da una parte che non
contiamo solo sull’aiuto degli altri e che non facciamo nulla da soli; e dall’altra di non insuperbirsi, non pensare che tutti gli altri non sono importanti, bensì saper procedere per il sentiero d’oro, il giusto mezzo“”.

Grazie, Renata.


Il Valore dell’Ascolto

La gente non ama la persona che parla bene, ma chi ascolta bene. La parola é bella quando nasce da un lungo e silenzioso ascolto. E’ nell’ascolto che l’amore comincia. Ed è con il non-ascolto che finisce. Non apprendi questo nei libri. Lo apprendi prestando attenzione”.

 

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Comunità, oggi

Si sente spesso, oggi, parlare di comunità, bene comune, ma forse non è così semplice come se ne parla … E non è più così semplice – se mai lo è stato – lavorare per una Comunità. E’ interessante ascoltare ed accogliere idee emergenti, come per esempio quelle attuali di una persona che ha dato tanto alla Comunità e nel caso ad una Città. E’ l’esperienza di un amministratore e politico, oggi ritirato dal compito istituzionale e partitico, ma sempre sensibile alle prospettive di destino della comunità in cui vive e lavora come semplice cittadino. Luigi Dalla Via è stato consigliere comunale e politico per oltre 30 anni. Per diversi mandati assessore e per dieci anni sindaco di una città di 40.000 residenti (Schio – Vi).

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Comunità e Politica

“Il termine comunità è stato dimenticato. Capacità della politica non è solo saper mediare, ma fare anche sintesi delle esigenze dei singoli rapportate alle esigenze della comunità. Oggi si risponde a singoli bisogni, a singole persone o categorie. Invece il bene comune è quello che riguarda la comunità, intesa come quel qualcosa in più della somma delle singole persone. È compito della politica cogliere i vari spunti. Oggi questa impostazione è ancora attuale, anche se è molto più complicato. Infatti la politica da sola non riesce a uscirne. Serve fare cerchio con la cultura, con le scuole, con l’economia, con la mentalità delle famiglie. Oggi non vedo una soluzione, anche nel prepolitico. Si tratta di lavorare nel piccolo, nel locale, nel lavoro, cercando di fare qualcosa che va in questa direzione. Non vedo che ci siano – anche a livello mondiale, europeo – segnali o indicazioni. In questa incertezza io mi rifaccio all’Universo. Quanto grande è l’Universo? E quanto piccola è la Terra? Dovremmo avere più coscienza del fatto che la nostra vicenda personale non è isolata e sganciata da tutto il resto. Va bene essere idealisti, ma serve guardare a quello che ci accade qui come a quello che accade a Parigi o molto più lontano. In altri termini, la cosa che vedo più difficile e carente oggi è la progettualità, sia per il mondo sia per le piccole comunità”.

(da intervista curata da Gianni Faccin per Altovicentinonline.it del 14/11/17 – Schio. Da sindaco a impiegato. A tu per tu con Gigi Dalla Via.’ Anche l’antipolitica è politica’)
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Comunicare

E’ un verbo affascinante, per quanto abusato. Di derivazione latina:  communicare, mettere in comune, derivato di commune, propriamente, che compie il suo dovere con gli altri, composto di cum insieme e munis ufficio, incarico, dovere, funzione.

“Incredibile il valore di questa parola, ed incredibile la profondità intuitiva della sua etimologia. Consapevole delle proprie responsabilità e forte del proprio ruolo, la comunicazione è un’espressione sociale, un mettere un valore al servizio di qualcuno o qualcosa fuori da sé: non basta pronunciare, scrivere o disegnare per comunicare; la comunicazione avviene quando arriva, quando l’espressione è compresa e diventa patrimonio comune per la costruzione di una discussione, di un sapere, di una cultura.
Propria di ogni essere vivente (chimica, comportamentale o sonora che sia), come umani abbiamo l’ulteriore responsabilità derivante da un linguaggio evolutivamente tardivo, fragile ma raffinatissimo che – noblesse oblige – non possiamo non usare al meglio per aver cura del nostro ambiente di vita, comunicando una cultura elevata nel nostro alto ufficio di ultimogeniti figli maggiori della Natura”.

Da unaparolaalgiorno.it/significato/C/comunicare

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Generatività

Stelle

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Pittura, strascichi di colori, infinite sfumature,
Si esprimono chiuse insieme in un puntino di luce.
Attorno tanti uguali e mai uguali fuochi,
che a collegarli si fan disegni.
Seguono ogni vita che nasce loro sotto e l’accompagnano sempre.
Stelle, ruotando vi opponete alle ombre,
Spargete di nuova energia terreni seminati di pensieri,
sotto cieli irrigati di intuizione, creatrici di genialità,
generate, cadendo, la vita“.

Nicola Faccin

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E le stelle non stanno a guardare si potrebbe dire, manipolando il titolo di una celebre opera di J. A. Cronin. Anzi generano, sono fonte di generatività.

Ma cos’é la generatività? Secondo E. Erickson “generatività” è la capacità propria della persona adulta di uscire da una concezione individualistica tesa a concentrare le energie mentali e le preoccupazioni su di sé, per potersi dedicare e prendere cura dell’altro. E generare non è azione solo biologica, ma sociale e simbolica. Non si limita a mettere
al mondo, ma implica anche il portare a maturazione, il prendersi cura nel tempo. Da questo arriviamo alla “generatività sociale” come nuovo paradigma del vivere insieme.

Secondo Chiara Giaccardi-Mauro Magatti, la generatività sociale implica la capacità di tenere insieme quattro movimenti, che non possono prescindere gli uni dagli altri: desiderare (una spinta vitale senza la quale nulla è possibile); mettere al mondo (far nascere, far rinascere, dare inizio a qualcosa che non c’era); prendersi cura (movimento senza il quale nulla può durare) e infine lasciar andare: per mettere veramente al mondo occorre tagliare ogni cordone ombelicale, e “autorizzare”, ovvero passare il testimone,
riconoscere che la realtà che si è messa al mondo o rigenerata può camminare con le sue gambe, anche su vie nuove”.