Il viaggio

PREMESSE STORICHE E PROGETTO CULTURALE

CARTA VALORI E REGOLAMENTO DEL CENTRO DI ASCOLTO

Storia

Siamo nel 2012 a Schio, in provincia di Vicenza. Dopo quasi due anni di riflessioni, studi e confronti con la realtà locale, a Poleo di Schio, piccolo paese di 2400 persone, si è data forma ad una iniziativa insperata, ma poi improvvisamente realizzata.

La premessa progettuale è nata da un gruppo di volontari che sentivano la necessità di dare spazio ad un ascolto delle persone, un ascolto diverso, perché più attento, rispettoso e amorevole.

Non più pregiudizi, pretese, ingerenze, ma solo disinteressata cura delle emozioni e delle esigenze dell’altro.

Ad un certo punto succedono tre fatti importanti. Il primo è la telefonata di una donna, presa da problemi assai complessi, da sembrare senza soluzione. La persona parla anche di voler togliersi la vita.

Inizia una corsa da parte di alcuni volontari per cercare di dare sostegno da un lato e trovare qualche possibile rimedio dall’altro. La donna si chiama Giusy (nome di fantasia).

Altra circostanza forse non fortuita è che si sta organizzando con successo un corso formativo per avviarsi alla costituzione di un gruppo di volontari che vorrebbero dedicarsi all’ascolto di persone nel disagio. Il corso ha successo anche perché alla fine tutti i sedici volontari danno disponibilità per diventare operatori dell’ascolto.

Terzo fatto, quasi contestuale al precedente, è che si rende disponibile la canonica della parrocchia, dovendo il parroco spostarsi in altra zona, per effetto della costituzione della unità pastorale più ampia. Dalla iniziale incredulità, allo stupore, infine ai fatti concreti.

A questo punto si decide di partire anche se i bagagli non sono tutti pronti. Si tratta chiaramente di un “viaggio” con destinazione non del tutto definita.

Si anticipa di almeno tre mesi, e si inaugura l’8 dicembre 2012 il ”Punto d’Incontro San Giorgio” con solennità, presenti i patrocinatori, fra questi il Comune di Schio e l’Ulss Alto Vicentino.

La festa riesce benissimo e apre le porte della canonica in cui era stata predisposta la sala del Punto d’Incontro, una sala piccola, intima, ma assai ben arredata.

Dalla settimana successiva cominciano i turni dei volontari, inizialmente con l’ascolto diretto. L’ascolto telefonico invece è assai marginale, avendo fatto poca promozione.

Il progetto di base viene chiamato “Storia di una telefonata” prendendo spunto dalla telefonata suddetta da parte di Giusy.

A detta delle autorità, l’iniziativa comunitaria, che si basa sull’esperienza di un counsellor, è stata qualcosa di innovativo. In tutta la circoscrizione non vi sono proposte come questa che puntino essenzialmente all’ascolto delle persone, nonché a mettersi in rete con le altre agenzie d’aiuto presenti nel territorio.

Il percorso è stato frutto di un piano motivazionale di alto livello; infatti questo ha portato ad un sostegno esterno assai rilevante, ma anche alla messa in gioco di diverse energie, che hanno trovato grande motivazione personale nella iniziativa.

Da qui una motivazione di gruppo e comunitaria, perché la parrocchia e il quartiere sentono proprio questo “Punto d’Incontro”. Ecco di seguito uno stralcio dell’iniziale documento progettuale.

Progetto solidarietà “Storia di una telefonata”

Con la nuova realtà di unità pastorale mancherà nella comunità di Poleo, la figura del sacerdote stanziale, si affronteranno nuove sfide e nuove necessità. Dal 2009 il nuovo consiglio pastorale ha lavorato sull’ analisi dei bisogni per dare risposte alle esigenze della comunità, portando avanti le direttive già concordate da alcuni nel 2004. Sono state sistemate le strutture SalaPoleo (ex teatro oggi sala polivalente) e Casa del Giovane, che attualmente danno risposta ad alcuni bisogni di formazione e aggregazione, una risposta all’anziano viene offerta dai Giovani Dentro (gruppo Terza età attiva), i gruppi giovanili sono attivi nel territorio e con il Grest (gruppo attività estive per giovani) si dà risposta all’esigenza delle famiglie e dei giovani stessi, la scuola materna fa la sua parte, i ministri dell’Eucarestia sono vicini alle persone in difficoltà con istanza religiosa. Quindi negli anni abbiamo dimostrato che la disponibilità, la carità, la messa in gioco di molti volontari hanno portato a finalizzare le visioni di alcuni volontari idealisti.

Da agosto c’è un altro stabile disponibile appunto la canonica, da qui è nata l’idea di offrire un “punto di incontro”.

Il progetto solidarietà “Storia di una telefonata” nasce dall’esigenza di voler offrire alle famiglie, al volontario, all’anziano, ai giovani, alle persone nel disagio, uno spazio di informazione, condivisione e confronto, ove viene privilegiato l’ascolto profondo.

Può capitare a chiunque di attraversare nella propria vita un momento difficile a tal punto da non riuscire ad affrontarlo adeguatamente con le proprie forze e di sentire l’esigenza di rivolgersi ad una persona competente che sappia ascoltare, ma, se richiesto, favorire anche l’ottenimento di un aiuto concreto e professionale.

Quando una persona ha la sensazione che niente vada per il verso giusto, è preoccupata e non riesce a trovare la soluzione ai problemi, si trova in uno stato d’animo che condiziona negativamente il modo di dormire, mangiare, lavorare e di rapportarsi con gli altri, si sente in trappola e ha la sensazione che non ci sia più niente da fare e di essere sola, questo è il momento in cui, senza esitare, conviene cercare aiuto.

Il progetto si articola in quattro fasi:

1- Mettere in rete e condividere con le realtà del territorio – Attraverso incontri mirati con referenti delle associazioni presenti a Schio, individuare le priorità di intervento, concordare una progettazione condivisa, compiere azioni adeguate in risposta ai bisogni rilevati (passaggio a seconda fase). Realizzare un sito internet per migliore visibilità del progetto.

2- Promuovere delle serate a tema – Incontri guidati con figure istituzionali (psicologi, assistenti sociali, esperti di meditazione e gestione conflitti, esperti di politiche attive del lavoro, esperti di comunicazione sociale).

3- Creare occasione di setting gruppale e attività di counselling – Particolarmente utile a contrastare la sensazione di isolamento, solitudine, incomprensione e inadeguatezza con cui si scontrano continuamente le persone nel disagio. L’obiettivo principale sarà di offrire la possibilità di mettere in comune le proprie esperienze e le proprie emozioni. Il counsellor potrà accompagnare nella risoluzione di: crisi di fronte ad un cambiamento, difficoltà nelle relazioni, momenti d’impasse nello studio e sul lavoro, conflitti davanti a scelte o decisioni da prendere, momenti di disagio emozionale.

4- Linea di ascolto telefonico – Passaggio mirato ad orientare, offrendo un’immediata consulenza sulle problematiche sollevate. La voce è lo strumento base il cui obiettivo non è arida comunicazione passiva, ma partecipazione attiva ai bisogni di chi ci chiama. Nella conversazione i volontari cercheranno di andare oltre le parole. Dietro le nostre e le loro voci c’è una storia, c’è una realtà, c’è un vissuto spesso drammatico, unico e irripetibile.

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In chiusura, ci possiamo chiedere quali possono essere stati i fattori che hanno portato alla costituzione di questa iniziativa. Essi sono:

– Tensione: comunità in ricerca e nell’incertezza, scoordinata pur avendo fatto cose importanti in parte dormiente e in parte tesa al miglioramento, in ordine sparso, con individualismo accentuato;

– Emozione: voglia di esserci, di partecipare, di essere importanti e contribuire, contare nella costruzione;

– Catarsi: tutti speriamo in una comunità migliore, solidale;

– Archetipo: senso del dono, essere volontari;

– Elevazione: insieme creare una comunità autentica, migliore;

– Riusabilità: proposta continua.

E per arrivare alla motivazione comunitaria, e poi alle realizzazioni conseguenti quali fasi sono state superate?

Eccole di seguito:

Fase 1: avvio dell’idea in linea con i tempi, chiarendo la filosofia dell’alleanza locale.

Fase 2: strutturazione del gruppo di coordinamento dell’alleanza locale attraverso dei tavoli guida.

Fase 3: realizzazione di incontri di progettazione e programmazione.

Fase 4: realizzazione di tavoli di condivisione diffusa.

Fase 5: promozione del progetto realizzando la fondazione dell’alleanza (enfasi).

Fase 6: gestione della rete con coerenza, determinazione e dando continuità.

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Progetto culturale

Ecco il progetto culturale che nasce dalla premessa storica descritta sopra e tuttora in essere.

Esiste una visione iniziale che ci ricordiamo bene: “Se un uomo ha fame dagli un pesce, meglio insegnagli a pescare”.  Da qui l’ispirazione legata ad importanti e condivisi valori umani che dal 2009 hanno preso lentamente corpo fino a dare avvio alla nuova esperienza nel 2012. Ripercorrere al riguardo il processo storico che ha portato ai nostri giorni è utile. Esso è bene delineato sopra. Ma l’ispirazione evolve nel tempo, man mano che le persone coinvolte crescono, cambiano e trovano nuove visioni di vita, nuove motivazioni sia personali che di gruppo. Ecco, quindi, un sunto di vision di ieri e di oggi, grazie al continuo dialogo e confronto tra operatori coinvolti, associazioni e gruppi in rete.

Le quattro A – A come Ascolto Assenza di giudizio Autonomia Auto aiuto

Ascolto:

«Il primo servizio che si deve dare al prossimo è quello di ascoltarlo»

(D. Bonhoeffer)

Assenza di giudizio:

«Quando qualcuno ti ascolta davvero senza giudicarti, senza cercare di prendersi la responsabilità per te, senza cercare di plasmarti, ti senti tremendamente bene»

(C. Rogers)

Autonomia:

«Se un uomo ha fame dagli un pesce, meglio insegnagli a pescare»

(detto africano)

Auto aiuto:

«Se una persona, una famiglia, un gruppo o una comunità hanno bisogno aiutiamole. Meglio ancora aiutiamole ad aiutarsi»

(G. Faccin)

La quarta A, è la “A social” (2016), arrivata con il quarto anno di lavoro comune intenso. E con lo sviluppo dell’animazione sociale, collettore di istanze di ascolto anche collettivo.

Tutto ciò perché?  «Per cercare di ricreare nella nostra realtà territoriale nuovi slanci di speranza e di fiducia, favorendo nelle persone e nella comunità nuove consapevolezze. Allo stesso modo in cui una goccia rigenera, insieme a molte altre gocce, l’oceano».

Come? Con l’Ascolto autentico e profondo, che preveda anche Affiancamento e accompagnamento.

L’ascolto autentico e profondo è lo stile di vita proposto, è il modo di essere che favorisce in tutte le persone, grazie all’empatia necessaria e all’assenza di giudizio, il processo di cambiamento verso la Consapevolezza di sé e degli altri, quindi la Responsabilizzazione e il raggiungimento dell’Autonomia.

Così è importante l’Ascolto della Comunità partendo dalla gente e rivolgendo l’attenzione ai bisogni primari che non sono solo quelli visibili o materiali.  Attraverso la valorizzazione delle Relazioni e del Dialogo, offrendo a tutto ciò che è virtuale e di cui siamo ormai troppo impregnati solo lo spazio necessario.  Da qui le fasi successive dell’Affiancamento e dell’Accompagnamento, che significa «esserci» per sostenere il processo non facile del cambiamento, sia nelle persone sia nella comunità.

Quindi, andando oltre!

Infatti, ascoltare autenticamente e profondamente significa andare «oltre» in un epoca in cui nessuno ha più tempo per ascoltare veramente, dove è prioritario l’utile personale o di gruppo e dove la corsa sfrenata verso il risultato è posta al primo posto anche a scapito di se stessi e degli altri. Nell’uso comune «ascoltare è perdita di tempo dal momento che il tempo è denaro». Con l’Affiancamento si aiuta veramente ad affrontare le piccole e grandi sfide quotidiane, la persona non si sente sola, ma si trova «con» altri in uno stato di vantaggio rispetto al «problema», in quanto impara a spostare l’attenzione sull’atteggiamento rispetto al problema, e finalmente riesce a vedere le cose con occhi diversi. Con l’Accompagnamento si aiuta la persona a sentirsi parte di un gruppo, di una comunità, di una città di un mondo. Si va insieme «oltre»!

Del resto quando ci si sente ascoltati nel profondo, seguiti e resi partecipi di destini di speranza e fiducia, si diviene destinatari di attenzioni sincere e autentiche e al contempo ritenute inaspettate.  Si attira «buona qualità».

È inevitabile a questo punto entrare a far parte di un mondo senza confini, ma decisamente molto interessante in quanto comprendente molteplici spazi in cui giacciono meraviglie nascoste ai più, ricchezze autentiche tutte da scoprire.

E occorre innanzitutto capire in che mondo viviamo oggi e dove questo mondo stia andando. Occorre aggiornare l’agenzia dei bisogni delle persone e della comunità. Non possiamo stare fermi a guardare. Non possiamo stimare lo scenario in base al sentito dire o in base a quanto – cosa disdicevole per quanto comodissima – ci viene pressantemente propinato dai social media e dai media in molti casi.  Serve che riusciamo a dire il sì che conta verso la conquista della consapevolezza. Raccogliendo e aggiornando dati autentici direttamente dal territorio.

È indubbio serva anche attrezzarsi con rinnovate «formazione e informazione». Sapendo che la strada sarà lunga, puntiamo sui primi passi da fare, che sono:

– usare nuovi occhi per guardare alla realtà del territorio e delle persone residenti;

– focalizzarsi sulla realtà in cui viviamo quotidianamente;

– mettere a frutto le risorse personali e di gruppo per capire come sta cambiando il mondo e come noi possiamo essere utili;

– aggiornare continuamente il nostro modello organizzativo e di riferimento per essere efficaci, costruire ponti e non costruire mura.

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Carta valori

“I valori sono ciò che vale, che ha senso per noi, in cui ci riconosciamo”. Abbiamo lavorato tutto il 2016 per rivedere, approfondire, confermare i nostri valori. Su questi abbiamo costruito una carta  dei valori, che conferma il progetto culturale.

Valori di riferimento:

•Persona e relazione al centro
•Gratuità e senso di servizio
•Volontariato sociale
•Motivazione
•Libertà e Rispetto
•Empatia
•Competenza e Professionalità
•Riservatezza
•Aiuto alla Persona
•Rete e Relazioni
•Collaborazione
•Visione d’insieme

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Regolamento del Centro di Ascolto

Quel che segue ora, a maggior documentazione e chiarezza, è il sunto del codice di comportamento deliberato nel 2012 dal Gruppo di volontari per darsi una deguata disciplina nella delicata attività.

CODICE DEL “PUNTO D’ INCONTRO SAN GIORGIO” DI POLEO

1 – PREMESSA

1.1 – Il “Punto d’Incontro” è una attività del “Gruppo Sociale e Missionario San Giorgio di Poleo Onlus”, costituito da volontari, con lo scopo di offrire uno spazio di informazione, condivisione e confronto alle famiglie, agli anziani, ai giovani, alle persone nel disagio e alla collettività in genere.

2 – FINALITA’

2.1 – Il “Punto d’Incontro” è soprattutto uno spazio di accoglienza all’interno della Canonica di Poleo, luogo di dialogo e di riferimento per le persone che vivono situazioni di disagio e momenti di difficoltà.

2.2 – Il “Punto d’Incontro”, è, inoltre, per il mondo del volontariato, un’opportunità per ideare nuovi progetti.

2.3 – Il “gruppo di volontari”, prestando la propria opera in forma gratuita e libera, condivide un progetto di crescita personale e di aiuto verso i più bisognosi per realizzare una comunità più solidale.

2.4 – L’attività viene svolta, soprattutto, attraverso l’ascolto attivo delle persone (spazio di ascolto) e la condivisione dei problemi per consentire all’interlocutore di analizzare e ripensare la “propria visione personale”, mettendo in comune le reciproche emozioni ed esperienze.

2.5 – La massima a cui il “Gruppo di Volontari” fa riferimento nella propria azione è la seguente: “se un uomo ha fame dagli un pesce. Meglio ancora, insegnagli a pescare” (proverbio africano).

2.6 – Il Punto d’Incontro viene denominato “Punto d’Incontro San Giorgio”.

3 – FUNZIONI

3.1 – ll Punto d’Incontro non offre la soluzione, a tutti i costi, delle problematiche contingenti, ma cerca di far sentire la persona con cui si interloquisce, accolta e sollevata e, quindi, aiutata a trovare autonomamente gli strumenti più idonei per uscire dallo stato di necessità in cui si trova , avvalendosi anche delle altre strutture sociali e caritative esistenti sul territorio.

3.2 – Il “Punto di Incontro” non opera solo autonomamente, ma esercita anche una funzione di raccordo fra chi manifesta un bisogno di aiuto e la rete di assistenza già esistente nel territorio (assistenza sociale del Comune di Schio, Caritas, Schio C’è, ecc.) alla quale l’assistito, una volta ascoltato e individuato il problema, potrà essere orientato.

4 – STRUTTURA ORGANIZZATIVA

4.1- Il “Punto d’Incontro” è strutturato su due livelli:

a) il centro di “primo ascolto” con servizio di segreteria telefonica, che prevede la presenza di due volontari in orari prestabiliti. Questa è la fase di primo contatto, con la quale l’operatore, con spirito di accoglienza e col metodo dell’ascolto attivo, raccoglie le necessità e i bisogni di chi chiama, non tanto per la loro soluzione, quanto piuttosto per accogliere la persona, condividere il suo malessere, sostenerla nella ricerca di una via di uscita.

b) i “Tavoli di ascolto del disagio” sono previsti nelle situazioni più complesse, in cui si ritiene necessiti un maggiore approfondimento delle problematiche emerse nella fase dell’ascolto telefonico per poi proporre specifici incontri (vis à vis) con i volontari a tale scopo designati.

5 – PRINCIPI DI COMPORTAMENTO.

5.1 – La responsabilità del volontario che presta servizio al “Punto d’Incontro” consiste nel prendersi cura di chi gli si rivolge nel rispetto della sua identità umana;

infatti il rispetto dei diritti fondamentali della persona è condizione essenziale per lo svolgimento dell’attività di volontariato nell’assistenza a individui che si trovano in difficoltà.

5.2 – Il volontario riconosce che tutte le persone hanno diritto ad eguale considerazione e le assiste indipendentemente dall’età, dallo stato di appartenenza e dalle condizioni sociali ed economiche.

5.3 – Il volontario agisce tenendo conto delle convinzioni religiose, ideologiche, etniche, nonché della cultura, civiltà e sesso dell’interlocutore.

5.4 – Il volontario si impegna a trovare le possibili soluzioni attraverso il metodo del dialogo; nel caso di insorgenza di gravi problematiche sarà cura del volontario riferire il caso al gruppo per individuare insieme le azioni più adeguate.

5.5 – Il volontario del “Punto d’Incontro” assicura e tutela la riservatezza delle informazioni relative alla persona con cui interloquisce. Il trattamento dei dati personali dell’assistito sarà finalizzato esclusivamente allo svolgimento di ciò che è di pertinenza dell’assistenza fornita; i volontari sono vincolati dalle norme vigenti in materia di “trattamento dei dati delle persone”.

5.6 – Il gruppo di volontari si incontra in riunioni periodiche nelle quali fa il punto della situazione, programma la propria attività e svolge funzioni di auto-aiuto per le questioni relative alle problematiche dell’assistenza.

6 – PRINCIPI METODOLOGICI

6.1. – Il volontario approfondisce le sue conoscenze, oltre che nel rapporto con gli interlocutori, anche con una riflessione sulla propria esperienza da condividere, periodicamente, con gli altri volontari del gruppo.

6.2 – Il volontario si impegna a partecipare alla formazione che gli viene proposta al fine di aggiornarsi anche sulle risorse territoriali per migliorare l’assistenza che intende fornire.

6.3 – Il volontario del “centro di ascolto” mette in atto con l’interlocutore “l’ascolto attivo” al fine di coinvolgere la persona e far emergere i bisogni e propone le forme assistenziali più consone indirizzandolo anche ai vari “Tavoli” costituiti all’interno del “Punto d’Incontro”. Il volontario potrà indirizzare direttamente l‘interlocutore alle varie agenzie o gruppi di assistenza operanti nel territorio, informando il responsabile del gruppo.

6.4 – Il singolo volontario collabora con gli altri colleghi ed operatori attraverso comportamenti improntati al rispetto reciproco e alla solidarietà al fine di contribuire meglio alla riuscita del servizio.

6.5 – I presenti principi hanno la funzione di guidare l’azione di chi presta attività di volontariato presso il “Punto d’Incontro” di Poleo, affinché vi sia un comportamento univoco del gruppo.