
Editoriale 2
In che rapporto stanno l’Ascolto e la Comunità? Come può funzionare un approccio così particolare verso una comunità ampia e diffusa? E nel caso di una città? E’ possibile ascoltare la città?
Mi sono posto queste domande di recente, in occasione di alcune esperienze cittadine in cui la “megafonia” di turno sosteneva di conoscere i bisogni comunitari e a questi offriva già le soluzioni. L’esperienza del Punto d’Incontro San Giorgio, pur essendo una esperienza di pochi anni e pur avendo un limitato excursus d’impatto sociale, ci ha insegnato come ascoltare la comunità, il gruppo, la famiglia, l’azienda, la città “sia possibile”. In qualsiasi caso occorre mettere al centro la Persona e dalla Persona cominciare partendo da un ascolto autentico, disinteressato.
“Viviamo tempi complicati e difficili, non si riesce ad ascoltare gli altri e nemmeno se stessi, figuriamoci la città. Eppure sono tempi in cui occorre riscoprire l’importanza dell’Ascolto e di guardare con occhi diversi anche la Città. Proprio così, entrambe con le iniziali maiuscole e già questo è un bel passo avanti. Qui intendiamo Città come comunità, grande famiglia fatta di tante persone ognuna delle quali con una propria storia unica e irripetibile. Intendiamo Ascolto come presupposto e ingrediente fondamentale di una “genuina comunicazione”.
Non ci perdiamo qui su ciò che non è Città e su ciò che non è Ascolto. Focalizziamoci invece su ciò che possono essere, che dovrebbero essere. Sono riflessioni che valgono per tutti, in particolare per chi ha responsabilità maggiori, di relazione, di cura, di educazione e di rappresentanza, per citarne alcune.
Consideriamo oggi come stiamo vivendo, sia a livello personale sia a livello collettivo. E’ indubbio che le parole spesso mal poste, attraverso la televisione, ma soprattutto attraverso le connessioni internet, avvengano esse tramite facebook , twitter o messenger, whatsApp, email e similari, ci sommergano continuamente, ossessivamente e ad ogni momento della nostra vita, privata e professionale. Ci riguarda tutti, anche coloro che, dichiaratamente, scappano dal telefonino o da facebook perché se ne sentono troppo dipendenti o – sempre di più – ne sono schifati o si sono visti offendere.
Siamo sommersi dalla nuova comunicazione, che autentica non è perché non rispetta la persona, non la libera ma, anzi la soffoca, la spinge a cercare contatti frenetici, volanti, virtuali, spesso alterati. La persona è sempre sul filo del rasoio, e tende a non esistere più il confronto diretto che è quello che mette di fronte le persone e che mette in gioco anche emozioni e scambio vero a livello sensoriale, quindi non solo intellettivo.
E’ chiaro che esiste uno stretto legame tra tali fenomeni e la sempre maggiore manipolazione del pensiero umano esercitata ormai spudoratamente da sempre maggiori esponenti anche pubblici, fenomeno “glocal” ormai, e gli esempi si potrebbero sprecare.
Di certo ciò che serve sempre di più è riscoprire i valori fondamentali della persona che devono tornare al centro dell’attenzione in modo sostanziale.
E’ ora di ripartire dall’Ascolto, quello vero, quello per esempio non sondaggista, quello che non teme le “bufale”. L’Ascolto autentico è uno stile di vita, è un modo di essere che favorisce in tutte le persone, grazie all’empatia necessaria e all’assenza di giudizio, il processo di miglioramento. Se è fondamentale tra le persone figuriamoci a livello comunitario: è possibile l’ascolto della Città come di ogni comunità, partendo dalla gente e rivolgendo l’attenzione ai bisogni primari che non sono solo quelli visibili o materiali. E non sono neanche quelli che noi immaginiamo … La Città è fatta di persone, e la Persona è un universo unico, speciale e complicatissimo. Non c’è categoria, etichetta, associazione o partito che lo possa spiegare e contenere.
Alla persona e alla Città servono autentici processi di valorizzazione che siano mirati a Relazioni e a Dialogo rispettosi, offrendo a tutto ciò che è virtuale e di cui siamo ormai troppo impregnati solo lo spazio necessario e utile. Da qui le fasi successive dell’Affiancamento e dell’Accompagnamento, che significa «esserci» per sostenere il processo non facile del cambiamento, sia nelle persone sia nella comunità.
Se ci guardiamo attorno, anche solo nell’Alto Vicentino, esperienze che sposano tali impostazioni ci sono e sono efficaci perché partono dal mettere la Persona al centro“.
Gianni Faccin
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