Ricordo e Memoria, oggi in Italia

Ricordare e avere memoria

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“”Da tempo nella nostra Europa e in Italia un “certo vento” è tornato a soffiare, anche a causa della continua delegittimazione della politica, dei sospetti su sindacati, associazioni e Ong, dell’indebolimento delle istituzioni, dell’uso di parole razziste, della costruzione di muri più o meno materiali. Sono tutti elementi che minacciano la democrazia e fanno rinascere certi ricordi. 

Anche nel nostro Paese si stanno moltiplicando organizzazioni neofasciste o neonaziste, nella realtà sociale e sul web. 

Due sono gli interventi possibili. Il primo è giuridico, con una particolare attenzione a contrastare certe organizzazioni: la norma giuridica, dalla XII disposizione della Costituzione va applicata. C’è poi una seconda via, quella educativa e formativa che integra la prima strada. David Bidussa, in modo molto fine, scrive che ricordare e non ricordare sono operazioni meccaniche, fatti quasi non voluti; mentre avere memoria (e dimenticare) sono operazioni intenzionali, che chiamano in causa una visione delle cose, una ricostruzione della storia e una immaginazione di futuro.

Ci si può ricordare o non ricordare un compleanno: ma certamente si ha memoria di una persona, di una vita, di una relazione e ci si immagina anche il suo svolgimento. La differenza è sostanziale: come tra la retorica e la politica.

Dunque non si tratta di ricordare – per esempio – le leggi razziali in Italia. Semmai occorre avere memoria di un contesto che ha generato un atto violentemente contrario al bene della persona, rileggere il contesto odierno e proporre politiche efficaci per ampliare e consolidare lo spazio democratico.

La differenza c’è. Dobbiamo tenerla a mente, se vogliamo un’Italia sempre attenta alla cultura dei diritti umani, una Repubblica che rigenera la cultura della libertà inclusiva, della libertà che accoglie“”.

(Roberto Rossini – presidente nazionale ACLI – da La differenza tra ricordare e avere memoria in HuffingtonPost del 3 febbraio 2017 g.c.)

Felicità?

Cos’è per noi la felicita?

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“”Uno stato dell’io che non conosce spazio e non conosce tempo, vive l’ora come vivrebbe l’eternità.

La Felicità è lo scopo della nostra vita, che si manifesta in varie forme, anche se spesso non ce ne accorgiamo.

E’ un passante distratto che ci sorride, il pianto di un bambino appena nato, la mano calda della mamma che ci accarezza, la Felicità è ciò che scalda il cuore.

Perché, ebbene sì, ce l’abbiamo tutti, come tutti siamo portatori sani dell’ infinito dentro di noi“”.

 

Beatrice Bertoli

 


 

 

Ascolto e Torah

Dice Alfonso Arbib: “Ascoltare la Torà è fondamentale e spesso non semplice perché si tratta di essere pronti a recepire messaggi non sempre comodi e inattuali”.

Ascolto come stile di vita? Anche sì! Abbiamo visto come si trovino importanti legami e spunti nel Vangelo e nel Talmud. Lo stesso troviamo nella Torah. Si manifesta così di fondamentale importanza l’atteggiamento umano verso non solo quanto viene declamato, comunicato, ma in particolare verso l’interiorizzazione di messaggi universali aventi alto valore spirituale che sono tramandati nei secoli. Attraverso le cosiddette Sacre Scritture.

Ecco alcuni passi riguardanti lo studio della Torah, illustrati in moked.it – portale dell’ebraismo italiano: moked/מוקד

Ascoltare

di Roberto Della Rocca, rabbino

“”Yitrò, suocero di Moshè e prototipo di una sincera conversione all’ebraismo, porta nella radice del suo nome – y t r – il significato di un qualcosa che si aggiunge. La Parashah di Yitrò, che contiene anche le Dieci Parole, si apre con l’azione dell’ascolto (Shemòt, 18; 1) perché, diversamente da altri che sentono ma non ascoltano, Yitrò òde e comprende a fondo il messaggio della Torah.
Si potrebbe dedurre che il valore aggiunto che può apportare una persona che vuole far parte del popolo ebraico dipende anche da quanto quest’ultimo è veramente aperto ad ascoltare e ad apprendere””.


Saper ascoltare

di Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano

“I Chakhamìm considerano l’esperienza del midbàr – deserto – premessa fondamentale per poter ricevere la Torah. Perché? Ci possono essere ovviamente varie risposte a queste domande, una di queste è che il deserto rappresenta l’umiltà (Avrahàm dice di se stesso “Io sono polvere e cenere”). Ricevere la Torah significa innanzitutto ascoltare il messaggio divino. La parashà del Matàn Torah comincia con le parole “E ascoltò”. Senza capacità di ascolto è impossibile ricevere la Torah, per essere capaci di ascoltare è necessario non considerare se stessi al centro dell’universo ed essere capaci di mettere da parte la propria superbia per mettersi nelle condizioni di ricevere il messaggio divino””.

Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano

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Il vero Silenzio

Il vero Silenzio

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« Il vero silenzio non è solo assenza di rumore. Il vero silenzio non è muto e non è nemmeno vuoto: al contrario, il vero silenzio è una pienezza, ed è vivo, vibrante, parla, canta.
Vi chiederete come udire questo silenzio… Facendo tacere le grancasse – le passioni, i sentimenti e i pensieri caotici – che continuamente battono in voi. È tutto un lavoro da fare che esige molta pazienza e controllo della vostra vita psichica. Una volta che si sono calmate tutte le tempeste interiori, il silenzio si avvicinerà e si diffonderà attorno a voi per avvolgervi nel suo meraviglioso mantello. Si farà allora una grande chiarezza e sentirete che qualcosa di molto potente regna sul mondo e lo governa: il grande silenzio delle origini, dal quale è scaturita la creazione e nel quale essa tornerà un giorno.  »

Omraam Mikhaël Aïvanhov

(esoterista e pedagogo bulgaro inserito nella tradizione spiritualista giudaico-cristiana e universalista della “Scuola bulgara” di Peter Deunov)

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La Scelta

Se non adesso, quando?

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“”Ogni relazione implica un processo educativo. Nell’incontro con l’altro possiamo scegliere se istruire (istruirci) o educare (educarci) .

Dipende da ciò che scegliamo la relazione che costruiamo e il processo educativo che avviamo: nel lavoro, a scuola, nel sociale ma in ogni contesto che si prende cura dell’altro, educare è un dato non rimovibile.

Coltivare umanità, comunicare e educare generando comunità: ogni giorno una occasione per sperimentare, capire, come il talento, la disponibilità e la professionalità di ognuno possono fare rete generando processi educativi e comunità capaci di risvegliare, riappropriarsi della propria capacità generativa di umanità.

Che poi è quella che ognuno di noi cerca negli altri e chiede dagli altri””.

 

(da LaMeridiana.it 7 gennaio 2918)


 

Ascolto nella professione

L’ascolto, secondo Lidia Lazzaretto, Counsellor in dinamiche relazionali, formatrice e ReSonance Coach, come riportato nella sua tesi di specializzazione a pag. 5 (cit.), è uno degli strumenti privilegiati dei professionisti nelle relazioni d’aiuto e a volte capita che l’unico strumento possibile sia proprio l’ascolto e l’ascolto del corpo.

Una cosa è certa tale strumento non è di esclusivo utilizzo dei professionisti, anzi le abilità d ascolto “devono” poter far parte del bagaglio di ognuno di noi.

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“”L’ascolto attivo richiede una piena partecipazione del professionista della relazione d’aiuto con il fine, tra l’altro, di aiutare il cliente a capire e ad ascoltare meglio ciò che rivela: non c’è inquinamento da pensieri confusivi, che non entrano nella relazione tra i due. Colui che ascolta deve aver imparato a incoraggiare i clienti a parlare più liberamente e quindi a mostrare rispetto non soltanto per il contenuto di quanto viene detto, ma anche per i sentimenti e le esperienze che sottendono le parole. Non è meno importante essere, nell’ascolto, congruenti, ciò implica il fatto di “essere veri in maniera trasparente”, manifestando al cliente ciò che si sente al fine di evitare incongruenza e distanziamento che possono crearsi tra ciò che si esprime a livello verbale e il non verbale“”.

– Lidia Lazzaretto –

(dalla tesi di specializzazione In volo libero – L’Ascolto pag 5 – Ilmiolibro.it)


 

Ascolto e vera salute

Nella vita di tutti i giorni, nelle relazioni di aiuto professionali o di volontariato sociale è sempre e comunque fondamentale l’Ascolto. Sentiamo quanto scrive in un suo lavoro Lidia Lazzaretto, nostra docente e facilitatrice/formatrice, Counsellor in dinamiche relazionali, ReSonance Coach ed esperta in gestione gruppi.

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“”Ognuno di noi tende a mantenere le proprie opinioni, qualunque esse siano, spesso inconsciamente, come se fossimo prigionieri di un potente incantesimo. E’ solo quando diventiamo consapevoli di come siamo stati plasmati che possiamo estrarre ciò che è utile, positivo e arricchente dal modo in cui siamo stati educati e superare quegli aspetti che invece sono stati limitanti e distruttivi. Dice Jung: “Fin tanto che stiamo soli con noi stessi, Dio solo sa quanti rospi siamo capaci di ingoiare senza accorgercene, continuando a rimanere indifferenti”.  Risulta di fondamentale importanza quanto il “dire” agli altri un nostro vissuto possa, di per sé, essere e divenire un momento in cui la persona prende coscienza di ciò che può avvenire dentro se stessa.

Definiamo l’ascolto attivo quando colui che ascolta non ode soltanto le parole, non pensa solo al contenuto, ma entra in contatto con il mondo interno dell’altro da lui, rilevando lo stato d’animo, il tono, il tempo impiegato a scandire una parola, il tipo di voce, il timbro di suono emesso, i silenzi; il tutto finalizzato ad un ascolto fine della parola, a un ascolto “attivo” quindi efficace a rilevare il non detto di colui che parla.

La vera salute nasce dalla rappresentazione che abbiamo di noi stessi, come mente e corpo””.

-Lidia Lazzaretto

(dalla tesi di specializzazione In volo libero – L’Ascolto pag. 5 – Ilmiolibro.it)


 

Memoria: il valore rinnovato, oggi

“”La memoria è potente. Non modifica ciò che è stato ma può, deve, evitare che ancora continuino i più fragili a pagare la prepotenza dei più forti”.

(Moni Ovadia – lameridiana.it)

Oggi è importante cominciare a trasferire al futuro il valore della Memoria. Far sì che la Memoria diventi fertile e possa produrre mezzi perché non si ripeta quanto è successo, e continua a ripetersi ancora oggi in tutto il mondo.

Serve assolutamente creare un ponte tra le generazioni. I testimoni diretti, tra un po’ non ci saranno più.

Il 25 gennaio, a Milano, è stato presentato un libro speciale, diretto proprio a quelle persone che, in quanto portatori di handicap, furono subito tolte di mezzo dalla violenza dei regimi totalitari.

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E’ il Diario di Anna Frank in simboli (Ed. La Meridiana).

Ecco quanto dice Ovadia: “Questa edizione del libro di Anna Frank è particolarissima e ha un valore simbolico e concreto straordinario e che io saluto come un’iniziativa che dovrebbe essere presa a paradigma per dare futuro a questa idea della Memoria che è tanto importante per le nostre società quanto rischiosa nella sua gestione. […] Questa pubblicazione non è scritta con il linguaggio consueto, ma con un linguaggio nuovo e a mio parere straordinario. Parliamo di un linguaggio di immagini e di simboli che permette alla storia paradigmatica di questa ragazzina […] con un talento straordinario […] di essere accessibile a persone e esseri umani che hanno deficit cognitivi. Questo libro stabilisce un ponte tra le vittime ebree della Shoah e le prime vittime sterminate dal regime nazista, i portatori di handicap. Fu quello il primo sterminio, il primo marchio di quello che era il nazi-fascismo”.

Ecco la presentazione del libro che di fatto è una lezione di un grande sulla Memoria.

Circa un quarto d’ora di “valore”.

(Moni Ovadia, italiano con origini bulgare, ebreo, è attore di teatro, drammaturgo, scrittore, compositore)

 

Esame di coscienza

Il terrore dell’esame di coscienza

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“”Mi piace fare l’esame di coscienza.   Lo facevo spesso da piccola,

Almeno in questo modo avevo i pensieri indirizzati verso qualcosa di preciso.

Altrimenti erano là, tutti ammassati alla rinfusa senza sapere che direzione prendere.

La direzione che dovrebbero prendere i nostri pensieri è quella  della felicità. 

Rogers la chiama la ‘’good life’’, quella vita piena che magari non raggiunge la felicità tanto agognata dai filosofi ma si ispira sempre ad essa.

Siamo pronti a metterci in gioco?“”

– Beatrice Bertoli –