“Ascoltare vuol dire capire ciò che l’altro NON dice.”
(Patrice Ras)

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È sicuramente difficile sentire parole che non vengono pronunciate!
Ma, secondo me, dobbiamo in primis distinguere il verbo SENTIRE dal verbo ASCOLTARE.
Il nostro sistema uditivo è coinvolto in entrambe le azioni, ma con una grande differenza. Mentre sentiamo solo l’udito partecipa all’azione; mentre ascoltiamo, oltre all’udito, altre funzioni cognitive devono essere necessariamente messe in moto. Sentire le parole che ci vengono dette non significa ascoltare.
Ascoltare significa “prestare attenzione”.
Per farlo è necessario capire il tono, le parole con cui si esprime una persona, cogliere l’emozione con cui condivide il suo stato d’animo, dare attenzione ai piccoli gesti e al suo modo di porsi. Per ascoltare dobbiamo insomma usare anche gli occhi, il cuore e la mente.
Spesso la parola che viene taciuta è molto più importante della parola che viene detta.
Penso che i silenzi, a volte, possano urlare!
Non tutto è dicibile ed esprimibile, perché c’imbarazza, si prova vergogna o perché si ha paura del giudizio degli altri. Ma ciò che non viene detto provoca sicuramente un’emozione e se stiamo “ascoltando” una persona con gli occhi e col cuore possiamo almeno intuire che … vorrebbe ma non dice.
Quante volte sarà capitato con i nostri figli, con i nostri compagni o con gli amici di vederli rabbuiati e chiedere loro, magari anche insistentemente, di confidarsi con noi. Possiamo e sappiamo essere attenti ed empatici con chi abbiamo vicino e, anche se non proferisce parola, avvertiamo che qualcosa non va.
Certo è più difficile riuscire con persone che conosciamo poco, ma già intuire che viene taciuto qualcosa può essere un modo per cercare di aiutare a riempire quel silenzio con parole ed emozioni e cominciare così a capire ciò che l’altro non dice!
“Sentire è facile perché esercizio dell’udito, ma ascoltare è un’arte perché
si ascolta anche con lo sguardo, con il cuore, con l’intelligenza” (Enzo Bianchi).
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Annamaria Sudiero
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, figura di spicco nella sanità dell’Alto Vicentino. Psicologo e psicoterapeuta, è stato Direttore dei Servizi Sociali dell’Ulss 4 Alto Vicentino dal 2001. Ha svolto gran parte della sua attività professionale in qualità di dirigente sanitario, nelle aree socio sanitarie della disabilità, della salute mentale, nelle dipendenze. In particolare è stato coordinatore dell’attività del centro occupazionale, referente tecnico del Centro Riabilitativo del Centro di Salute Mentale, referente tecnico del piano triennale della Legge 285/1997, dirigente dell’area famiglia, responsabile dell’Unità Operativa “Programmazione Socio-Sanitaria”.
, che ospitiamo spesso in questo blog. Proponiamo una sua recensione di luglio riguardante uno scritto di M. Buber, pubblicata nella sua newsletter personale.



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