Facilitazione sociale

Una forma sempre più incisiva e, in ogni caso, sempre più attuale, di Aiuto e di sostegno alla Relazione è la Facilitazione  sociale. Per esempio nella gestione di gruppi. Gestire gli incontri in modo efficace, valorizzare i diversi punti di vista, saper lavorare e decidere insieme senza disgregarsi. In un periodo di profonda trasformazione sociale, anche i gruppi richiedono un aggiornamento rispetto alle tradizionali dinamiche e ciò appare determinante in una società attraversata da profonde trasformazioni in ambito sociale, economico, ecologico, culturale e politico. La “facilitazione”, con i suoi strumenti, intende proprio favorire questo processo, migliorando la vita del gruppo affinché questo abbia continuità e cresca nel tempo. Come facilitare, dunque, le relazioni? Abbiamo tratto spunto da alcuni interventi di Roberta Radich, sociologa, psicologa, psicoterapeuta e facilitatrice (tra l’altro presidente del Centro CAPTA di Vicenza).

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“”La Facilitazione è l’arte di aiutare i gruppi a gestire gli incontri in modo efficace, piacevole e partecipativo, favorendo quindi il raggiungimento degli obiettivi e l’inclusione di ognuno nel gruppo. Tutti noi abbiamo l’esperienza di incontri o riunioni lunghe e frustranti perlopiù inconcludenti, inutilmente conflittuali o, dove, con estenuanti pretestuose formalità, solo alcuni decidono escludendo i più da queste decisioni. Il facilitatore aiuta il gruppo a gestire il processo, a negoziare le regole, a focalizzare obiettivi e azioni per perseguirli con più efficacia e consapevolezza, favorendo nel contempo le relazioni tra i membri del gruppo. La vita del gruppo deve essere piacevole per avere continuità e crescere nel tempo. In ambito sociale è importante favorire e garantire la partecipazione il più possibile orizzontale nei momenti di confronto, di progettazione e soprattutto nei momenti decisionali. Il coinvolgimento diretto permette infatti di attivare le persone, di renderle consapevoli e responsabili rispetto agli obiettivi da raggiungere (non esiste democrazia se non è democrazia realmente informata e consapevole), e quindi di aumentare la loro disponibilità a lavorare per il gruppo. Oggi è comune la lamentela: “le persone non partecipano”. I tempi sono cambiati le persone non partecipano solo per senso di appartenenza o per necessità ideologica: vogliono essere coinvolte sulla base di bisogni e mete che sentono importanti per se stessi. Coinvolgere emotivamente, relazionalmente e idealmente nelle decisioni e nel processo del gruppo può assicurare quella partecipazione che oggi manca e la possibilità di raggiungere gli obiettivi che si desiderano. La facilitazione può essere utile per qualsiasi tipologia di gruppo (più o meno numeroso, con obiettivi di breve o lungo periodo, con scopi specifici o più generali, con finalità di lucro o di utilità sociale). Ovviamente la modalità di facilitazione va adattata al tipo di organizzazione, alla richiesta e agli obiettivi di ciascun gruppo. La facilitazione in ambito sociale si rivolge in particolare a gruppi che promuovono il cambiamento personale, sociale, ecologico o politico, quindi ad esempio a comitati, associazioni, organizzazioni di cittadinanza attiva, fino alle organizzazioni politiche (anche se queste, spesso, sono non a caso abbastanza lontane da questo tipo di modalità partecipativa). Alcune forme di facilitazione sono usate anche in ambito aziendale classico, ove si desidera promuove un buon clima aziendale, la creatività del team e la capacità di co-decisione””.

(da italiachecambia.org/2017/01/facilitazione-cambiare-mondo-partendo-relazioni/)

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Fare Rete

Fare Rete

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Nella nostra associazione esiste una valida iniziativa che è ben conosciuta e che è sorretta da diverse abilità e competenze che messe assieme costituiscono il “Punto d’Incontro San Giorgio”. Sono oggi 5 anni che questa iniziativa opera nel quartiere allargato. Oltre agli auguri e al sostegno ai tanti operatori volontari che agiscono spesso sotto traccia, vogliamo chiedere loro di aiutarci in due direzioni: riuscire nel fare rete nel quartiere e capire, anche raccogliendo nella nostra realtà informazioni utili e proposte, quali siano oggi i veri nuovi bisogni sociali del nostro quartiere”.

(Giorgio Santacaterina – Presidente San Giorgio Onlus – da intervista su newsletter Novità in Lettera n. 51 dicembre 2017)

Ascoltare, oltre i blocchi

Al di là della scrivania

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“”Da professionista della relazione d’aiuto mi sono trovata spesso a saltare al di là della scrivania. E’ importante ovviamente il proprio ruolo, ma è più importante mettersi nei panni dell’altro.

Ogni persona ha una propria prospettiva e quindi non è detto che la prospettiva che ho io – anche se sono il volontario o l’assistente sociale – sia quella giusta. E’ importante mettersi in gioco sempre e confrontarsi anche quando le cose sembrano essere strane o prendere una piega inaspettata. Quel che conta è creare relazione e capire l’altro.

Poi è meglio lasciar fuori della porta i pregiudizi. Questi sono i blocchi principali. Essi bloccano la conoscenza dell’altro, ma la bella notizia è che noi possiamo bloccare i pregiudizi.

Bloccare i pregiudizi permette di dare ossigeno all’aspetto fondamentale della comunicazione autentica, l’Ascolto.

L’Ascolto è difficilissimo da praticare, quello vero intendo. Non quello che mi entra dalle orecchie per essere poi elaborato, ma quello che corrisponde al messaggio che l’altro mi vuole trasmettere. L’Ascolto è molto importante e l’altro “sente” se viene veramente ascoltato””.

(Ivana Ferrazzoli – da intervento a Trento presso C.S. Erickson su Guida Relazionale secondo il metodo RSW)

Ivana Ferrazzoli è Assistente Sociale. Lavora per il Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Ospedaliera di Desenzano del Garda (BS). Collabora con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nella gestione dei Laboratori sulla disabilità. Si occupa da molti anni dei problemi nell’ambito della disabilità lavorando con le persone con disabilità e le loro famiglie; collabora con Associazioni di Volontariato ed Enti del terzo settore.
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Ascolto per ascoltare

Il maggior atto d’amore che noi possiamo rivolgere ad una persona è ascoltare la sua storia“.

(Alessandro Lucchini  –  Giornalista e copywriter, cofondatore della Palestra della scrittura. Conduce ricerche sulle tecniche di business writing e web writing. Tiene corsi di scrittura efficace per aziende private ed enti pubblici. È stato membro del comitato scientifico del Master di italiano scritto e professionale dell’Università di Pisa, ed è stato professore a contratto all’Università IULM)

A      ascolto per ascoltare …
S       solo parole?
C      certe parole!
O      realtà o rappresentazione?
L      logica …
T      tra e oltre le parole …
O      once upon a time!

Da “7 allenamenti per ascoltare in modo efficace” a cura di Alessandro Lucchini



Come bambini

Un bambino chiese al nonno: “Nonno, perché gli uomini combattono?”   Il vecchio parlò con voce calma. “Ci sono due lupi in ognuno di noi.
Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, menzogna ed egoismo. L’altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede.”
Il bambino rimase a pensare un istante epoi diede voce alla sua curiosità.
“E quale lupo vince?”
Il vecchio si girò a guardarlo e rispose con occhi puliti.
“Quello che nutri di più.”

Siamo l’umanità che decidiamo di coltivare in noi e di cercare negli altri.
Il lupo che scegliamo di nutrire quello vincerà.

(Favola indiana – dal web)

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Aiutare con l’ascolto

Facendo sentire le persone “non più sole”, i volontari del Punto d’Incontro San Giorgio l’8 dicembre arrivano a spegnare cinque candeline.

Un traguardo che, seppure giovane, ha visto il gruppo di diciannove volontari offrire un servizio gratuito a chi, soffocato da emozioni o momenti negativi, è riuscito a trovare nel centro di primo ascolto gli strumenti necessari per analizzare i fattori che hanno segnato la china ma, soprattutto, di lavorare in una visione personale, per superare il momento di sfiducia.

I volontari del centro aderiscono all’associazione sociale scledense ‘San Giorgio Onlus’ ed accolgono le richieste d’aiuto di chi vive un momento di difficoltà nella canonica di Poleo e nel vicino centro civico”.

P.V.

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da http://www.altovicentinonline.it/attualita-2/0812schio-compie-5-anni-centro-primo-ascolto-san-giorgio-poleo/

L’ascolto attivo

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“Si acquisisce la capacità di ascoltare davvero quando si riesce a creare un vuoto dentro se stessi per fare spazio alle parole dell’altro. Il comportamento dell’ascoltare è un comportamento complesso. La capacità di ascolto si sviluppa attraverso la creazione di un silenzio interiore e l’allontanamento dai propri pensieri e dalle proprie emozioni, al fine di concentrarsi sulle parole, pregne di emozioni, che l’interlocutore invia. L’ascolto in questo modo diventa attento (ascolto l’altro e riassumo la sua comunicazione), interessato (mi interessa ciò che lui mi dice), empatico (ascolto l’altro e vedo il problema come lui lo vede), attivo (rispecchio i sentimenti, riformulo contenuti confusi, per aiutare a rimuovere ostacoli interni e trovare soluzione ai problemi).

L’ascolto attivo integra, come ci insegna la psicologia umanistica di Rogers, tre funzioni fondamentali della relazione:

– ascoltare in maniera accogliente e partecipativa,

– rispecchiare i sentimenti della persona a cui si dà attenzione affinché lei possa    riconoscerli e definirli,

– riformulare le sue idee per riordinare e sistematizzare quanto viene detto in modo   confuso e disorganico.

In tal modo la persona riesce a rimuovere gli ostacoli interni che le impediscono di cogliere la possibilità di soluzione ai suoi problemi e riesce ad attivare la capacità che permette ad ognuno di ritrovare in sé la spinta ad agire secondo il proprio essere”.

(Elisabetta Leslie Papacella, tratto da “Pensare all’ascolto per favorire le relazioni educative” – Ed. Babelenews.net)

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Ascoltiamo per rispondere

“Sentire è facile perché esercizio dell’udito, ma ascoltare è un’arte perché si ascolta anche con lo sguardo, con il cuore, con l’intelligenza.  

–  Enzo Bianchi   –

Proponiamo qui un articolo tratto da “La mente è meravigliosa”  blog di intrattenimento ed opinioni su temi riguardanti la psicologia.  

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Non ascoltiamo per capire, ma per rispondere

“”Udiamo, ma non ascoltiamo. Viviamo in una società in cui non ci interessa quello che gli altri hanno da dirci, poiché tutto quello che conta è ciò di cui siamo convinti. L’ascolto è un atteggiamento che non sempre assumiamo. Secondo gli studi di Daniel Goleman, gli individui che raggiungono il successo a livello professionale di solito sono più ricettivi e possiedono una gamma di interessi molto ampia. Le persone con una maggiore capacità di ascolto ed empatia posseggono anche un maggiore controllo delle situazioni e delle proprie risorse.

Chi sa ascoltare percepisce persino il silenzio e il gesto più impercettibile della persona che ha di fronte, perché parlare è una necessità, ma ascoltare è un’arte che non tutti padroneggiano.

La comunicazione non si basa solo sull’emissione di messaggi da parte di due o più persone. È di più, perché comunicare dipende anche dalla nostra personalità, dalla nostra intelligenza emotiva e dalla nostra empatia. Vi invitiamo a riflettere al riguardo.

I “rumori mentali” limitano la nostra capacità di ascolto

Parliamo troppo e non ascoltiamo. Secondo l’economista e divulgatore scientifico Otto Sharmer, le persone dovrebbero produrre un’apertura che parta direttamente dal cuore; in altre parole, accedere ai livelli più profondi della loro percezione emotiva ed attivarli per essere più ricettivi.

La natura non ci ha dato le orecchie solo per udire: anche per imparare ad ascoltare. Se, nel nostro quotidiano, non siamo in grado di ascoltare o non lo facciamo in modo sufficientemente efficace, è a causa di alcune interferenze, i cosiddetti “rumori mentali”:

Ascoltiamo come se avessimo impostato il “pilota automatico” e abbiamo abitudini già acquisite, perciò non vogliamo che gli altri ci convincano di cose che, ovviamente, sappiamo già.

Siamo concentrati su noi stessi e sul “ma io questa cosa la so già”.

Tendiamo a limitare la nostra capacità di ascolto alle cose che confermano le nostre convinzioni, facciamo una selezione.

Sapendo che la legge basica delle relazioni umane è la nostra capacità di interconnessione, dobbiamo mettere da parte l’individualità e il suo rumore, secondo cui tutto gira attorno all’io, e aprirci all’ambiente che ci circonda. Ecco come riuscirci.

Ascoltare con il cuore: una vera e propria arte

Wilbur Schramm, un autorevole esperto di modelli di comunicazione, spiega che, quando si instaura un dialogo, l’importante non è il messaggio in sé, bensì lo stato emotivo degli interlocutori. Una frase esplicativa di questo concetto potrebbe essere “rispondo in base a come mi sento e non a cosa ascolto”.

La nostra mente ci parla continuamente. I rumori del passato, i desideri insoddisfatti, le paure, gli atteggiamenti limitanti, le rigide convinzioni, le preoccupazioni e le emozioni si mescolano tra di loro. Talvolta è quasi impossibile districarci da tutte queste cose per connetterci davvero con la persona che abbiamo davanti.

Se la vostra mente vi tiene tutto il giorno occupati con il suo rumore, come sarà la vostra capacità di ascolto?

Mettete a tacere la vostra mente e rallentate

La lentezza è una filosofia che dovremmo integrare nella nostra vita dato che l’esistenza non è solo “andare di fretta”.

Considerate la possibilità di rallentare per riprendere il controllo di ciò che vi circonda e, in questo modo, liberare la vostra mente per apprezzare il presente in modo più pieno.

Sconnettetevi ogni giorno dai rumori esterni (il cellulare, il traffico, la televisione, ecc.) per poi concentrarvi sul rumore interiore e fare un po’ di pulizia.

Sviluppate il vostro intuito

Cosa c’entra l’intuito con la capacità di ascolto? Essere intuitivi significa essere in grado di non supporre cose prima di averle sentite, di saper ascoltare con il cuore e la mente aperti, senza pregiudizi né preconcetti.

A volte è sufficiente guardare il nostro interlocutore con un sorriso o con un’occhiata sincera per dimostrargli che lo comprendiamo.

Intuire le emozioni altrui significa adottare l’empatia nelle nostre conversazioni, oltre che offrire intimità e comprensione.

Intuire significa avere la capacità di dire tutto ciò di cui abbiamo bisogno al momento opportuno, per poi non rimanere a pensare “avrei dovuto dirglielo…”.

Siate aperti ad altri punti di vista, permettetevi di ascoltare ed imparare

Parliamo troppo e non ascoltiamo come dovremmo coloro che ci circondano, quando, in realtà, le loro opinioni ed esperienze potrebbero interessarci ed arricchirci.

Viviamo in una società in cui badiamo di più a cosa pubblicano i nostri amici sui social network, invece che assisterli di persona per ascoltare cosa hanno da dirci.

Siate ricettivi nei confronti di tutto quello che vi circonda, aprite la vostra mente e permettetevi di essere più liberi e curiosi. Talvolta, una semplice conversazione può essere una vera e propria rivelazione, un cambiamento personale. Abbiate il coraggio di provarci.

Saper ascoltare significa sentire l’altra persona come parte di noi, senza barriere, abbracciando la sua esistenza in modo empatico, libero e sincero””.

(da “La mente è meravigliosa” – blog)

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Il significato dell’ascolto

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“Ascoltare è uno stile di vita, un modo di essere che dovrebbe far parte del background culturale di tutti noi.

L’esperienza dell’ascolto genera nell’altro uno spessore in termini di consapevolezza ed efficacia. L’ascolto è alla base dell’instaurarsi di buone relazioni. Solo in una relazione significativa si cresce e si impara. Deve però essere fatta una precisazione: non basta un buon carattere e del buon senso. Grazie all’ascolto si possono intuire le diverse personalità e si può entrare in relazione con ognuna di loro. Solo a questo punto il terreno è fertile per creare un rapporto di stima e accettazione, rapporto che favorisce l’insegnamento e l’apprendimento. Attraverso questa strada si ha l’opportunità di conoscere davvero l’altro. Questa conoscenza è fondamentale per gestire il gruppo nel caso di un insegnante: la gestione del singolo, infatti, è alla base della gestione del gruppo, anche complesso. La gestione del gruppo passa dall’interazione con tutti: significa trovare insieme una strada comune che parta dal riconoscimento dei bisogni e delle differenze individuali. Il percorso della relazione segna il percorso dell’apprendimento. Per rendere più chiaro quanto detto, è sufficiente riflettere sulle azioni svolte dagli sportelli di ascolto nei casi di disagi particolari. Gli operatori si pongono in una dimensione di ascolto empatico che permette alla persona di sentirsi capita, accettata e riconosciuta per ciò che è. Essere riconosciuti nella propria specificità permette di dare spazio e voce alle difficoltà, e quindi consente una loro elaborazione al fine di trovare possibili soluzioni. Ascolto e linguaggio accettante possono già da soli curare il disagio.

Nel caso dell’insegnante, che non deve «curare», sono elementi che possono favorire fortemente il rapporto con l’alunno e condizionare positivamente l’apprendimento. Queste capacità, trasposte in ambito pedagogico e didattico, possono rappresentare una risposta alla richiesta di aiuto degli insegnanti che, sebbene disciplinarmente competenti, non riescono a far fronte alla complessità delle classi e a stabilire buone relazione con gli studenti, con i genitori e con i colleghi”.

(Elisabetta Leslie Papacella, tratto da “Pensare all’ascolto per favorire le relazioni educative” – Ed. Babelenews.net)