Ascoltarsi, nel flusso e riflusso

“L’esistenza è un mare pieno di onde. Di questo mare la gente comune non percepisce che le onde. Guarda come dalle profondità del mare innumerevoli onde salgono in superficie, mentre il mare rimane nascosto nelle onde”.

“Colui che ascolta attentamente la sua respirazione, non e lontano da Dio. Ascolta chi giace al limite della tua aspirazione. Ascolta chi si trova al principio della tua inspirazione”.

(di Jean-Yves Leloup)

RACCONTO

“Il giovane si avvicinò al mare. Aveva acquisito un buon modo di stare seduto ed un portamento eretto. Era in buona postura. Che cosa gli mancava? Che cosa poteva insegnargli lo sciacquio delle onde? Si alzò il vento. Il flusso e il riflusso del mare si fecero più profondi e ciò risvegliò in lui il ricordo dell’oceano. In effetti, il vecchio monaco gli aveva pur consigliato di meditare ‘come l’oceano’ e non come il mare. Come aveva fatto ad indovinare che il giovane aveva passato lunghe ore in riva all’Atlantico, soprattutto la notte, e che già conosceva l’arte di accordare il proprio respiro al grande respiro delle onde? Inspiro, espiro… poi: sono inspirato, sono espirato. Mi lascio portare dal respiro, come ci si lascia portare dalle onde… Così, faceva il morto portato dal ritmo della respirazione oceanica. Ciò l’aveva condotto talvolta sull’orlo di strani deliqui, ma la goccia d’acqua che una volta “si dileguava nel mare” oggi custodiva la propria forma, la propria coscienza. Era l’effetto della postura? Del suo radicamento nella terra? Non era più portato dal ritmo profondo della respirazione. La goccia d’acqua conservava la propria identità e tuttavia sapeva di “essere una” con l’oceano. E’ così che il giovane uomo imparò che meditare è respirare profondamente, è abbandonare al suo corso il flusso e riflusso del respiro.

Apprese ugualmente che, se vi erano delle onde in superficie, il fondo dell’oceano rimaneva tranquillo. I pensieri vanno e vengono come schiuma, ma il fondo dell’essere rimane immobile. Meditare a partire dalle onde che siamo per lasciarsi andare e mettere radici nel fondo dell’ oceano. Tutto ciò diventava in lui ogni giorno un poco più vitale, ed egli ricordava le parole di un poeta che l’avevano segnato al tempo della sua adolescenza: ‘L’esistenza è un mare pieno di onde. Di questo mare la gente comune non percepisce che le onde. Guarda come dalle profondità del mare innumerevoli onde salgono in superficie, mentre il mare rimane nascosto nelle onde”. Oggi il mare gli sembrava meno “nascosto nelle onde’, l’unicità di tutte le cose gli pareva più evidente, e ciò non aboliva la molteplicità. Egli aveva minor bisogno di contrapporre il fondo e la forma, il visibile e l’invisibile. Tutto costituiva l’oceano unico della vita.

Nel fondo del suo respiro non c’era forse la “Ruah”? Il “pneuma”? Il grande respiro di Dio?

‘Colui che ascolta attentamente la sua respirazione, gli disse allora il vecchio monaco Serafino, non e lontano da Dio. Ascolta chi giace al limite della tua aspirazione. Ascolta chi si trova al principio della tua inspirazione’.

Effettivamente c’erano al principio e alla fine di ogni respiro alcuni secondi di silenzio, più profondi del flusso e riflusso delle onde, c’era qualcosa che l’oceano sembrava portare…

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L’amore comincia dall’ascolto

Nota di Ruggiero Lattanzio

“Oggi che ci troviamo nell’era delle grandi comunicazioni di massa, viviamo ormai sommersi dalle parole. Basti pensare che in molte case la TV accesa fa da costante sottofondo che inonda di parole la vita domestica. Oppure pensiamo anche alle nostre vite frenetiche spesso piene di comunicazioni frettolose al telefono, coi colleghi di lavoro, in famiglia e anche in comunità nella quale spesso siamo costretti a scambiarci tante informazioni nel poco tempo che abbiamo per poter stare assieme. E così accade che i brevi momenti che abbiamo a disposizione per poter stare un po’ in comunione vengono subito riempiti di comunicazioni rapide e magari anche di parole pronunciate velocemente senz’avere il tempo di rifletterle. La fretta nel parlarci rende le nostre relazioni sempre più frenetiche e, soprattutto ci sottrae la possibilità di stare ad ascoltarci, perché quando ci si parla frettolosamente non ci si ascolta davvero, in quanto ciascuno di noi finisce col concentrarsi non sulle cose che ascolta ma sulle cose che deve dire o fare”.

Verso l’altro

“Di tutto restano tre cose: 
la certezza che stiamo sempre iniziando,
la certezza che abbiamo bisogno di continuare,
la certezza che saremo interrotti prima di finire.
 
Pertanto, dobbiamo fare: 
dell’interruzione, un nuovo cammino,
della caduta, un passo di danza,
della paura, una scala,
del sogno, un ponte,
del bisogno, un incontro”.
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Nota di Gianluigi Coltri
“”Il web ha deciso che questi versi sono di Fernando Pessoa, ma non lo sono, rivelerò alla fine di chi sono veramente. Ma il web se ne frega, di questa come di altre fake news, e fa rimbalzare nell’etere (si diceva così, in passato) dei versi molto belli, confondendo gli autori. Però, anche nella falsa attribuzione, può esserci qualcosa di buono, anzi di più.
La prima parte è ragionevolmente pessimista: la caducità, la provvisorietà, l’incompiutezza segnano l’esistenza umana, anzi, forse la definiscono (ci riscattiamo, se vogliamo, solo in una prospettiva ulteriore, superando i confini della vita terrena). La prima parte ci pone i limiti, i confini, le fatiche, gli affanni.
Ma la seconda parte è tutta movimento, apertura, ripresa: l’inizio di un cammino, il passo di danza, il primo gradino di una scala, l’attraversamento di un ponte, il movimento verso l’altro. Sono movimenti, cioè processi. Così, forse, ci definiamo meglio che con gli spazi: avviamo, iniziamo, ciò che qualcun altro condurrà, proseguirà, completerà, chiuderà. Siamo del tempo e nel tempo.
L’autore è Fernando Sabino, scrittore brasiliano morto nel 2004, non sono i versi di una poesia, ma le righe di un romanzo (“O encontro marcado”), le ho sistemati io come fossero versi.  Non hanno niente di Pessoa, ma fa figo attribuirli ad un grande scrittore, piuttosto che ad uno sconosciuto esistenzialista””.
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Insieme all’Ascolto, guardando nella stessa direzione

Gli Operatori volontari di Poleo e di S. Cuore, frazioni e parrocchie di Schio (Vicenza), facenti parte del quartiere più grande un tempo denominato Stadio, per la presenza del vecchio stadio del Coni, hanno deciso di fare rete collaborando ancor di più.

In un epoca in cui tutti parlano e danno giudizi, spesso senza sapere quale sia l’argomento vero, in cui molti dicono che è indispensabile “fare rete”, senza passare a mettere in pratica la buona intenzione, ecco un piccolo esempio che mette insieme esperienze diverse, con matrice diversa.
E’ una bella e buona pratica in cui pur diversi si guarda nella stessa direzione, facendo le cose che accomunano e mantenendo fede alla propria identità associativa.

INSIEME all’ASCOLTO delle persone!

Siamo lieti di annunciare che si rende ancor più operativa la rete di collaborazione tra il nostro Punto d’Incontro San Giorgio e il Centro di Ascolto S. Cuore.
Riparte l’attività formativa insieme e insieme ci si offre all’ascolto delle persone.

26/3/2017                 Punto d’Incontro San Giorgio e Centro d’Ascolto Sacro Cuore

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