Bisogni e Disagi

di Annamaria Sudiero –

I bisogni e i disagi devono abbracciarsi per far scaturire ben-essere

Quando da bambina ho imparato a scrivere c’erano due lettere che mi mettevano in difficoltà. La B e la D. Nel maiuscolo non avevo problemi perché riuscivo ad associare la D al Dromedario, che sapevo avere una gobba, non poteva quindi essere la B che di gobbe ne aveva due!

Il problema si poneva con la minuscola, specialmente all’inizio, quando non c’erano ancora le altre lettere vicino che mi portavano ad intuire la parola. Era un problema di pancia a destra e pancia a sinistra, non la sapevo ancora riconoscere.

A mio parere è un po’ la stessa cosa quando un bisogno diventa disagio o il disagio è sintomo di un bisogno e non siamo in grado di riconoscerne la differenza, quale sia la causa e quale l’effetto.

Quando in uno dei nostri ultimi incontri abbiamo parlato di bisogni e disagi questo ricordo mi è tornato in mente e ho pensato che effettivamente quando i disagi e i bisogni, come “db”, si voltano le spalle, noi in qualche modo soffriamo. Devono riuscire a parlarsi, abbracciarsi e allora potremo definire questo abbraccio ben-essere.

Se abbiamo un bisogno e non riusciamo o non sappiamo riconoscerlo, potremo finire per provare disagio. La cosa importante è quindi saper riconoscere, dare un nome al nostro bisogno, qualunque esso sia. Solo così riusciremo a non provare quel malessere, quel disagio appunto, che ci crea problemi.

Non è avere quel bisogno che ci fa star male, è un nostro diritto averlo, fa parte del nostro essere, della nostra identità, ma è piuttosto il non poterlo o saperlo esplicitare. Sto parlando ovviamente di quei bisogni personali che non diventano malattia, ossessione o che arrivano a coinvolgere anche altre persone, perché allora dobbiamo stare attenti. Nessuno ha il diritto di dar voce ad un proprio bisogno nuocendo a qualcun altro… come tutti sappiamo la nostra libertà finisce dove comincia quella altrui!

Difficilmente i nostri bisogni ci sembrano “sbagliati”, anche se a volte può diventare difficile accettarli. Ma quelli degli Altri? Senza necessariamente condividerli, riusciamo almeno a comprenderli? L’Ascolto è un esercizio necessario per riuscirci: dobbiamo ascoltare prima di tutto noi stessi per poter ascoltare meglio gli Altri. Come sempre, per poter accogliere con rispetto i bisogni altrui, occorre mettere da parte giudizi e pregiudizi, mettersi nei loro panni, entrando in empatia.

Non è certo facile, ma ci possiamo riuscire, se lo vogliamo, se Ascoltiamo.

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“Esserci. Stare 'solo lì' è ampliamente sottovalutato ma in realtà è un’azione profondamente trasformativa. Ci sono io che con le mie spalle larghe e con il mio petto, emotivamente parlando, contengo e accolgo quello che dall’altra parte tu mi porti. E non dico niente. E non faccio niente. E lascio solo che tu sia per come stai in quel momento".     [Stefania Andreoli]

Condividere

di Gianni Faccin –

… spazio amorevole in cui spartire il nostro e l’altrui

Qualche giorno fa scrivevamo dell’importanza di un passaggio che va oltre l’ordinario: condividere. Parola assai inflazionata, che mettiamo dappertutto, ma il cui orizzonte è decisamente speciale.

Il condividere fa da contraltare al dividere. Quest’ultimo sappiamo che allontana, spacca, indebolisce. Il primo unisce, fa stare insieme, aggiusta e rafforza. Il significato di condividere è sì dividere, ma insieme, spartire insieme con altri, per esempio distribuendo equamente tra le persone. Significa anche avere in comune con altri.  

Qualcuno, che è convinto che alla base della parola condividere ci sia un equivoco, la spiega in questo modo: … Il problema del nostro mondo è che molti pensano che condividere si riferisca solo e soltanto alla propria roba. Ai propri contenuti, ai propri prodotti, alle proprie idee, ma in realtà non è così che deve funzionare. Condividere vuol dire spartire con gli altri anche quello che è degli altri. Vuol dire prendere l’altrui contenuto, l’altrui idea o modo di pensare e condividerlo con i nostri contatti, quindi avvalorarlo. Condividere vuol dire investire tempo e risorse e impegno nel trovare qualcosa che ci piaccia, prenderlo sotto l’ala dei nostri pulsantini sociali, e condividerlo verso le persone che si fidano di noi. Condividere, in definitiva, è dare fiducia e mettersi in gioco.

Chiaro l’aggancio a quello che ormai facciamo quasi tutti, utilizzando i social tramite il nostro smartphone. Questo esempio e queste considerazioni ci danno un’idea interessante e non banale di cosa significhi condividere.

Si tratta di “spartire il nostro e l’altrui”, non per uno sfruttamento personale o egoistico, ma bensì per una crescita della persona e della relazione tra persone e gruppi.

Venendo alla nostra attività, in tema di ascolto profondo, la chiave amorevole perché il processo di aiuto sia profondo ed efficace è appunto la condivisione, l’autentica condivisione, ossia quel mettere insieme che è “spartire il nostro e l’altrui”.

In definitiva la condivisione, come su illustrata, nutre la sacra comunicazione, fatta di ascolto profondo e parole amorevoli, e aiuta ognuno di noi a praticare l’ascolto e la parola nella vita di tutti i giorni, in vista di aperture e rinnovamenti umani comunque necessari.

[segue]

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Immagine: People by Pixabay

Riferimenti vari e citazione by:

  • Aiuto efficace – Counselling on the road di Gianni Faccin 2022
  • rudybandiera.com/condivide-et-impera
  • Enciclopedia Treccani

Ascolto solidale e profondo

di Gianni Faccin –

… non è forse amore questo?

A tutta prima verrebbe da dire che le tre parole del titolo non siano così collegabili tra loro e afferenti alla vita quotidiana nei contesti in cui viviamo. In verità sono collegate tra loro e – soprattutto – sono collegate all’oggi, alla nostra realtà.

Praticare l’ascolto autentico è una forma elevata di rispetto verso noi stessi e verso l’altro. Quindi è una modalità amorevole. Praticarlo con spinta solidale significa renderlo efficace nei riguardi dei problemi concreti delle persone, che spesso presentano difficoltà oggettive e che sembrano insormontabili. Praticarlo in profondità significa scoprire una sacra comunicazione con il nostro essere più genuino, autentico ed essenziale che è posizionato nel nostro animo; e significa fare altrettanto con l’altro da noi. E’ una fase tanto complessa ed affascinante quanto fondamentale per ogni essere umano.

Non è così immediato e scontato praticare l’ascolto solidale e profondo. Serve allenarsi e provare più volte e poi ancora, ancora. E’ come imparare a parlare una lingua straniera. All’inizio serve tempo per prendere le misure e rendere familiari i nuovi linguaggi e saperli poi riconoscere. Sta di fatto che l’ascolto è una delle vie della trasformazione, ossia una delle strade per tornare a noi stessi. Proprio per questo è importante dedicarsi ad imparare i nostri versi e i nostri suoni. Queste sono le nostre componenti intime con cui abbiamo avuto pochi contatti.

Ascolto profondo è la parte che più mi ha incuriosito nel tempo e che più sostiene oggi la mia personale ricerca e l’impegno verso gli altri, impegno condiviso da anni con molti compagni di viaggio, consapevoli che la pratica è prima di tutto ascolto profondo di noi stessi. Infatti soltanto dopo aver appreso il linguaggio dell’interiore siamo veramente in grado di prestare attenzione all’altro, cominciare a dialogare con lui e proporci per un aiuto.

E qual’è il linguaggio interiore, cui ho fatto cenno? Beh, è facile. Se ascolto profondo significa, come spiega il monaco zen, imparare ad ascoltare il nostro bambino interiore che in molti vive allo stato di rifugiato e permettergli di esprimersi, occorre valorizzare “il sapersi fermare e far pervadere dall’oggetto che ascoltiamo, diventando uno con questo, che sia in noi o fuori di noi“.

Questa presa di posizione ci permetterà un cambiamento di trasformazione. Infatti l’ascolto profondo è decisamente legato al “parlare amorevole”. Ascoltare in modo rinnovato ci fa rivoluzionare anche il modo di parlare e comunicare. Questo succederà quando riusciremo ad ascoltare noi stessi e quello che stiamo per pronunciare, trovando lo spazio-tempo per esserne consapevoli.

Da qui l’importanza di uno passaggio che va oltre: condividere.

[continua]

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Immagine; by Pixabay

Riferimenti: da Aiuto efficace – Counselling on the road di Gianni Faccin 2022


Incontrare le Persone

di Gianni Faccin –

L’attività

Come oggi interagiamo con le persone

Spesso ci viene richiesto come si svolga la nostra attività. Beh, è un lavoro non facile, spesso faticoso, ma è qualcosa di straordinario in quanto è veramente nutriente sia per chi lo pratica, sia per chi ne diventa destinatario.

In ogni caso si tratta di “incontrare le Persone, ponendole al centro dell’attenzione”.

L’attività, nell’ambito del “progettoDIMMItiASCOLTO”, viene svolta soprattutto attraverso incontri-colloqui in cui viene attivato l’ascolto attivo delle persone e la condivisione dei problemi, assicurando alle stesse la massima riservatezza.

Inizialmente esiste una prima fase che è l’accoglienza a cui seguono immediatamente il contatto, la presentazione e l’avvicinamento tra chi accoglie e l’interlocutore. Quasi subito, intrecciandosi con la prima fase, avviene il cosiddetto primo ascolto, che può prevedere anche più incontri. In questa fase la persona si fa conoscere, viene facilitata ad aprirsi e presenta il presunto problema. Si ascolta e si condivide restando nei temi portati dalla persona stessa. Ponendo domande aperte, senza giudizio o critica, e riformulando quanto portato dalla persona in modo da «confermare» quanto viene comunicato e favorirne la consapevolezza. Questa fase è fondamentale e spesso decisiva. Infatti già dopo questi incontri la persona più consapevole di sè si sentirà meglio (sollevata e leggera). Accoglienza e primo ascolto si compenetrano, strada facendo.

A questo punto possono aggiungersi altre due fasi distinte e successive: l’ascolto solidale e l’ascolto profondo. L’ascolto solidale è una fase avanzata che risponde ai bisogni della persona legati a cambiamenti importanti, a decisione inevitabili, ad eventi della vita, ad incertezze esistenziali. In questa fase esistono almeno tre direttrici: «sostegno», «orientamento» e «attività di consulenza». L’attività di sostegno: riguarda uno o più incontri per valutare un co- progetto, per esempio un intervento in rete di accompagnamento, un affiancamento personalizzato, un aiuto economico grazie all’utilizzo dei fondi gestiti da Gsm San Giorgio Odv o da altri enti o associazioni in rete, oppure di aiuto motivazionale, educativo o sociale grazie all’attivazione di nuove relazioni. L’orientamento riguarda incontri mirati ad accompagnare la persona verso una sua iniziativa di ricerca di lavoro, di definizione piani di studio, di scelta di attività di volontariato. L’attività di consulenza riguarda incontri e cicli di incontro anche reiterati per affrontare temi esistenziali di rilievo con ricorso al counselling relazionale. In tal caso l’azione vuole essere più preventiva che curativa e intervenire laddove non possono intervenire altre entità anche specializzate. Infine c’é la quarta fase, l’ascolto profondo che punta molto sulla condivisione di sè. E’ un lavoro in profondità che va a toccare la propria identità, la propria consapevolezza e i propri stati emotivi. Anche in questo caso si ricorre alle abilità di counselling, soprattutto relazionale. Si propone alla persona di affrontare con decisione il proprio sè e il rapporto con gli altri, in vista di un vero cambiamento.


Immagine e riferimenti: da Aiuto efficace – Counselling on the road di Gianni Faccin 2022


Ripartiamo dall’Ascolto

a cura della Redazione –

… non soltanto stile di vita

Noi di “progetto”, siamo un gruppo di persone che offrono un servizio alla collettività e che fanno dell’Ascolto uno stile di vita personale vissuto e proposto costantemente.

Nel decennale in corso della nostra attività, ci siamo fermati per ripercorrere quanto costruito e fare il consueto necessario discernimento. Si tratta anche di riprendere il filo dei nostri ideali, ma anche e soprattutto dei nostri bisogni, che occorre incontrare e riconoscere per poter essere veramente utili agli altri.

Ecco che sta prendendo forma in queste settimane un nuovo modo di essere nella comunità e che prevede di ripartire dall’Ascolto, con un approccio che diventa profondo e solidale. E’ una nuova modalità che fa seguito alle precedenti, di “primo ascolto e ascolto attivo”, di “ascolto e condivisione” e di “ascolto e counselling”, praticate fino ad oggi presso i diversi “punti di incontro” creati nel territorio.

E in quest’inizio del 2022, ripartiamo innanzitutto da quella pratica che è detta dell’Ascolto profondo.

Esso, per dirla con un noto monaco e attivista, è sapersi fermare e sapersi far pervadere dall’oggetto del nostro ascolto diventando uno con esso, che sia al nostro interno o al nostro esterno. Per ascoltare in modo nuovo, è necessario rimuovere le percezioni erronee che si hanno su se stessi e sugli altri: in questo modo si trasforma anche il modo di parlare, e la parola diventa strumento di felicità anziché portatrice di sofferenza. All’ascolto profondo ci si avvicina tramite la condivisione

In questo periodo scriveremo ancora su questo tema anche in relazione alle nostre riflessioni e alle nuove determinazioni che saranno in atto.

A presto.

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Citazione e titolo by Redazione – Coordinamento di progettoDIMMItiASCOLTO del 17/2/2022

Immagine: condivisione by Pixabay

Riferimenti nel testo: da Un ascolto profondo di Thích Nhất Hạnh, monaco, poeta, scrittore e attivista


L come Lacrime

(da versare al bisogno per fare una gentilezza a noi stessi)

di Annamaria Sudiero –

Ci hanno sempre detto che piangere ci fa apparire deboli e quindi non dobbiamo farlo. Credo invece che in certi momenti della vita piangere sia, come dire… “un toccasana”!

Girando sul web mi sono imbattuta in questo brano, attribuito alla psicologa e filosofa russa Anna Kiryanova. Non ho le competenze per appurare se ciò che è scritto sia effettivamente vero, se i lacrimatoi esistessero davvero o fossero solo delle ampolle che contenevano unguenti a cui sia stato dato erroneamente questo uso, ma mi è piaciuto il significato e vorrei proporvelo tale quale come l’ho trovato.

“A volte il dolore deve essere pianto. Va vissuto e superato. Solo così si può guarire dal dolore e dalla tristezza.

Quanto dura il dolore? Quando il cuore si calmerà e passerà il dolore della perdita?

Secondo la scienza, serviranno due o tre mesi per farlo passare… Ma a volte, se avete perduto una persona cara, se siete stati traditi, abbandonati o privati dei beni, il dolore non passa per tutta la vita, può solo diventare meno forte, specialmente se la persona l’ha affrontato con il coraggio e la forza.

Gli antichi pensavano: il dolore passerà quando avrete pianto le vostre lacrime, e avevano dei lacrimatoi per la raccolta delle lacrime di dolore. Lo facevano anche nell’antica Roma. Quando la boccetta era piena le lacrime si versavano sulla tomba del defunto o si donavano agli dèi. Gli dèi avrebbero mandato una consolazione ad un cuore affranto.

Nell’Inghilterra vittoriana il lacrimatoio (“lachrimatory”) lo portavano al collo, come un medaglione. Quando scendevano le lacrime la boccetta si apriva e poi si chiudeva accuratamente. Passato un anno, si toglieva il coperchietto per far evaporare le lacrime. Insieme alle lacrime si evaporava anche il dolore, restava soltanto la memoria di una persona amata…

È una saggia invenzione, il lacrimatoio.  Una persona in lutto deve piangere il dolore, e, raccogliendo le lacrime, si trattiene dallo sprofondare nel baratro di un dolore ancora più grande.

Quando stai raccogliendo le tue lacrime con la tua boccetta, questo ti distrae. In un anno questa occupazione diventa un rituale, e i rituali sostengono e consolano, rafforzano le difese psicologiche: hai pianto la tua perdita, hai raccolto le tue lacrime, che poi si sono evaporate.

Finiva il brutto periodo, iniziava una nuova vita. E ti rimaneva un piccolo e delicato flacone, come un ricordo. Il dolore si trasformava in un ricordo. Forse è per questo che non esisteva la depressione, a quei tempi?

Ora non ci lasciano piangere, vogliono che iniziamo a pensare positivo e a sorridere, come se non fosse successo nulla. Anche le persone ormai vedono la tristezza come qualcosa di poco normale, una malattia.

A volte una depressione è un dolore non pianto o un lutto che è durato poco, perché è stato dato l’ordine di consolarsi, di sorridere, e di dimenticare (o fare finta di dimenticare).

Ma l’anima non dimentica nulla. Ecco a cosa servivano queste boccette; per raccogliere il dolore.

A volte il dolore va solo pianto”.

Di mio vi lascio un “pensiero in rima” scritto tempo fa che mi sembra possa essere una buona conclusione.

Lacrime
Come le gocce di rugiada rendono preziosa
la trama della ragnatela,
così lo sgorgare delle lacrime
la vera essenza del nostro animo rivela.
Non trattenerle, lasciale andare
e sulle labbra falle posare.
Dolce o amaro ne sentirai il sapore,
perché generate da gioia o dolore.
Commuoversi è diventato ormai
un sentimento raro,
trattenersi rende l'animo avaro.
Rete di lacrime

Immagini: Pexel e Spider-web


2022, un anno gentile

La gentilezza non solo fa bene, ma ci fa anche bene …

di Redazione progettoDiMMItiASCOLTO –

La venuta del nuovo anno è sempre un momento molto particolare per tutti noi in quanto è adatto sia per un resoconto di ciò che abbiamo vissuto negli ultimi 12 mesi, sia per darci nuove prospettive e, possibilmente, continuare a crescere. C’è il Capodanno e i giorni successivi che sono anche l’occasione giusta per augurare “il meglio” a noi stessi alle persone che più abbiamo vicino, nella speranza che le cose vadano per il verso giusto. E c’é anche Epifania, che significa “manifestazione divina”.

Molti stimoli significativi per reciproci auguri. Ma dipende dal nuovo anno che le cose vadano per il verso giusto? O dipende da noi?

Belle domande.

Se nel tempo che verrà, che inesorabilmente prenderà il posto del precedente e ovviamente passerà il testimone al successivo, riusciremo a trovare modalità di vita più umane le cose andranno più agevolmente per il verso giusto.

Per esempio adottando la “gentilezza autentica” come stile di vita.

Ecco la proposta in dieci punti, come suggeritoci da una nostra cara amica e collaboratrice (*):

  1. SORRIDI QUANDO ASCOLTI
  2. TACI … SE E’ MEGLIO
  3. ABBASSA LA TUA VOCE
  4. CERCA NELL’ERRORE LA FRAGILITA’ (E ACCETTALO)
  5. ASSUMI LA DIFESA SOLO DI CIO’ CHE E’ INDISPENSABILE
  6. PRENDI IN GIRO LE TUE PAURE
  7. RESTA A FIANCO, NE’ DAVANTI NE’ DIETRO
  8. NON AVER FRETTA DI ARRIVARE ALLE CONCLUSIONI
  9. «CERCA» LE PAROLE
  10. E … RICORDA: LA GENTILEZZA
  • CI RENDE GENTILI
  • CI RENDE PIU’ VASTI
  • NOBILITA IL MONDO INTERO

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Quindi facciamoci un regalo: che il 2022 ci veda in prima fila nella gentilezza e che il nuovo anno sia un anno gentile!

Almeno credo


Citazione: https://www.stateofmind.it/2021/11/giornata-internazionale-della-gentilezza/

Immagini: in evidenza by Pixabay Silent – in chiusura by MusicVideos (da videoclip Ligabue – Almeno credo)

Riferimenti: (*) da proposte di Anna Maria Savegnago (psicologa e psicoterapeuta) in occasione della formazione ai volontari di “progetto” nell’incontro di chiusura del corso Coinvolgersi senza Perdersi 2021 (1 dicembre 2021)


Il cuore ha radici?

di Gianni Faccin –

Se ci si fermasse ad ascoltare il lavoro delle radici, chi riuscirebbe a dormire?

E il cuore ha radici? Pare di sì.

Dicono “va dove ti porta il cuore”. Ma sappiamo ascoltarlo veramente? Riusciamo a comprendere i suoi messaggi? Riusciamo ad arrivare alle sue radici? Forse è meglio che ci fermiamo, respiriamo e ascoltiamo …

Pare che non ci riusciamo a trovarle queste radici, eppure esse sono la nostra essenza. Ma per trovarle dobbiamo cominciare a cercarle …

Abbiamo perso le radici del cuore
Cosa manca? La tenerezza
Perché non la sentiamo più?
Non ci mettiamo più nei panni dell'altro
E perché non lo facciamo?
Siamo troppo infelici, troppo addolorati, e con l'infelicità seduta sul cuore
e il dolore seduto sullo stomaco, non fai un passo ... Non ti muovi.
Non cerchi di capire l'altro.
Di ascoltarlo.
Di dare all'altro quello che vorresti per te.
Vicinanza, compressione, tenerezza.
Ci piangiamo addosso e basta.
Cosa ci provoca questa infelicità e questo dolore?
Ci sentiamo soli e abbandonati
Perché ci sentiamo così?
Abbiamo perso le poche certezze che avevamo.
Ad esempio?
Le radici, abbiamo perso le radici del cuore.

Ecco, oggi il miglior augurio è di fermarsi e cercare le radici del proprio cuore!

Buon Natale.


Citazione: da testi di Fabrizio Caramagna

Immagine: L’albero della vita by Pixabay

Versi: da testi di Michele De Paolis