di Redazione DtA –
Proseguiamo oggi l’intervento a cura di Paola Scalari pubblicato il 6 gennaio scorso (fonte un intervento scritto di Paola del 20 marzo 2020 per ‘ed. la meridiana’).
Moltissime persone sono drammaticamente lontane dai loro affetti e faticano a reggere un’inquietudine senza nome. Sono i genitori in ansia per i figli domiciliati in altre zone del Paese o in altri Stati. Sono i vecchi genitori irraggiungibili là dove dimorano, che creano uno stato di perenne preoccupazione per la loro salute. Sono fragili anziani non più abbracciati da settimane perché isolati nelle loro residenze protette, che stanno, giorno dopo giorno, smarrendosi. Sono ultraottantenni svuotati per l’improvvisa assenza di chi amano e di chi li ha amati per una vita. Accuditi con tanta forza d’animo da un solerte personale. Deprivati però del tocco di chi li ha tenuti stretti a sé per anni ed anni. L’odore della struttura ben disinfettata e della mensa ben rifornita prende il sopravvento sul rassicurante sapore della pelle di chi ti è stato accanto, dentro, vicino per una vita.
Ognuno sogna di ritrovarsi. Qualcuno più fragile è scappato dai controlli e cerca la sua famiglia. Colpevole giuridicamente, assolto emotivamente. La paura rende irrazionali. L’angoscia non gestita da nessuno rende dissennati.
Si scappa verso chi si ama. Si ha paura di non riuscire a rivederlo poiché il proprio caro potrebbe ammalarsi, venir ricoverato, morire. Morti solitarie in vite spezzate da Covid19. In ogni caso.
In questi giorni, infatti, nessuno può tenere per mano chi se ne sta andando da questo mondo. Gli affetti familiari con gli ammalati sono recisi per sempre nella più oscura solitudine. Sono affettuosità negate nel momento del trapasso. Quello sguardo per dirsi addio nell’ultimo alito della vita mancherà e tormenterà per sempre.
Ma la solidarietà dell’isolamento è l’unico modo per aiutare tutti.
E possiamo apprenderla, questa nuova forma di solidarietà, solo praticandola ognuno dalle sue case.
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