di Redazione DtA –
Il nuovo anno ci vede iniziare proponendo temi che si ripetono, temi che ci hanno accompagnato fino alla fine del 2020 e che, forse, pensiamo di conoscere bene.
Questi temi, purtroppo, ci faranno compagnia ancora e non è dato di sapere per quanto. Ecco perché c’è bisogno che tutti noi ci auguriamo autenticamente Buon Anno. Un anno nuovo fatto di valori riscoperti, di speranze ritrovate e di fiducia. Tutto il resto è contorno.
Un contributo non recente (20 marzo dell’anno scorso, nelle fasi iniziali del nostro Covid-19), ci può aiutare e riflettere su quanto sta succedendo nei rapporti sociali, a partire dalla famiglia. Lo facciamo grazie a quanto scritto per ‘ed. la meridiana’ da Paola Scalari, psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista che esercita a Venezia. Paola è docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia e supervisore all’Istituto di Milano della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG.
Il rompete le righe
Non c’è più tempo, restiamo a casa”: con questo ordine da parte del governo si sono aperti inediti spazi di vita familiare. La dimora, luogo del ristoro temporaneo in una vita passata perlopiù freneticamente fuori delle mura domestiche, diventa spazio privato dove obbligatoriamente tutti devono convivere. Ognuno fa quel che può per accomodarsi dentro a questo perimetro dell’isolamento sociale che segna un confine che, in quanto ora invalicabile, diviene sconosciuto.
Le famiglie che adesso devono stare forzatamente insieme sono tante e tra loro molto diverse. Perciò non c’è un modo unico di stare dentro casa. Ognuno, a partire dalla sua condizione, sta inventando il suo.
Il virus della solitudine
Alcuni sono barricati nelle poche stanze dei loro appartamenti con i loro affetti. In ogni caso sono rimaste fuori molte relazioni, sia parentali che amicali. Nonni in isolamento dai nipotini devono accontentarsi di languide videochiamate. Il gruppo amicale, prima funzionante come famiglia sostitutiva, non è frequentabile. Ci si sente più soli, meno ancorati all’altro.
Manca la maestra, si avverte l’assenza dei professori, si patisce il vuoto lasciato dai colleghi, mancano i compagni… Questa condizione diventa allora triste nostalgia e struggente desiderio, due emozioni che possono sviluppare però un incremento di amorevolezza verso il prossimo. E lo stiamo vedendo nascere, farsi strada, coinvolgere interi quartieri.
Per molti il restare a casa significa, invece, rimanere fisicamente soli poiché questa era la condizione di vita precedente, attenuata però da tante relazioni fuori casa. Ora nessuno entra fisicamente tra le pareti e il single non può uscire. Giovane o anziano che sia, vive un vuoto relazionale che si fa sentire con qualche sintomo tipico del vissuto abbandonico. Compaiono insonnia, fame nervosa, inquietudine, ossessività, dipendenza dai social, stazionamento davanti alla TV… È tutto normale.
È bene abitare anche questi stati d’animo consapevolmente. Soli fisicamente, o in compagnia di chi essendoci fisicamente fa sentire ancor di più la solitudine, sono i campanelli d’allarme della inevitabile tensione interiore.
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