Redazione DtA
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Proseguiamo, come già scritto nella precedente uscita, con un altro contributo della dr.ssa Marcella Danon, scrittrice, accademica e psicologa italiana.
Nel counseling la priorità è l’incontrarsi …
Al di là della metodologia e delle tecniche usate dai diversi approcci nel counseling, questa priorità dell’incontro umano accomuna tutte le scuole, è l’essenza stessa della relazione di counseling. E’ qualcosa che non si impara sui libri, ma che è la vita stessa a insegnare, è un atteggiamento interiore di profondo rispetto e accettazione di sé e dell’altro, che può solo nascere da un lavoro di crescita personale, da un aver sviluppato in prima persona quello che A. Van Kaam definisce “impegno esistenziale”: la consapevolezza della propria fondamentale libertà di fronte alle sollecitazioni della vita, della potenziale creatività di dare direzione e qualità alle relazioni e della responsabilità conseguente nei confronti della propria esistenza.
La formazione al counseling, ai futuri professionisti in questa nuova professione destinata a diffondersi sempre di più, passa necessariamente per un percorso di scoperta, riconoscimento e consolidamento delle qualità umane presenti in ogni persona che abbia affrontato in prima persona un percorso di conoscenza, accettazione e integrazione personale. Un percorso che sviluppa, a sua volta, la sicurezza interiore necessaria per accompagnare un altro essere umano alla ricerca di sé, con la stessa tranquilla fiducia con cui una guida di montagna accompagna un escursionista sul suo percorso: fornendo stimoli ma sapendo attendere che l’altro sia pronto a coglierli, incoraggiando senza forzare, mettendo in guardia senza invadere, guidando, passo per passo, verso una crescente autonomia e una maggior fiducia in se stessi.
Il counseling è basato su una profonda fiducia nell’essere umano, nella sue capacità di autodeterminazione e nei suoi valori più alti potenzialmente presenti in ognuno. E’ questa fiducia che deve impregnare l’atteggiamento di ogni counselor, deve essere il messaggio subliminale che viene passato nella relazione per sostenere la persona nella sua ricerca di sé, con la tranquilla certezza che non spetterà mai al counselor dirle dovere deve andare e cosa deve fare.
Chi conduce l’incontro dovrà “soltanto” essere lì per l’altro, esserci davvero, con tutto se stesso con tutta l’attenzione, l’empatia, la partecipazione di cui è capace chi ha già fatto quella strada in prima persona e decide di intraprendere la professione del “facilitatore” del processo di crescita, della guida di montagna verso tra vette e abissi dell’animo umano, di catalizzatore di un ampliamento di punti di vista e di orizzonti.
Questa presenza, questa capacità di mettere a disposizione la propria umanità, questa autentica premura dimostrata nei confronti del proprio interlocutore, prima ancora di qualsiasi tecnica o strategia pianificata a tavolino, sono gli elementi fondanti, peculiari e vincenti di questa nuova professione di aiuto, del counseling.
