Nel pezzo precedente, di metà gennaio, con cui abbiamo dato avvio al nostro blog 2020, abbiamo chiuso con la frase: “E trovarsi dalla parte dei bisognosi rende più consapevoli che non è facile lasciarsi aiutare e nemmeno diventare un po’ più umili”.
Ed è così. Non è facile aiutare e nemmeno farsi aiutare.
Nel primo caso, spesso, saremmo portati ad aiutare secondo quanto ci detta il nostro ego e, nel secondo caso, magari nella inconsapevolezza, vorremmo riuscire in ogni situazione critica, anche soccombendo, al limite, pur di non essere supportati da altri.
Troppo orgoglio o superbia? O timore di dover relazionarsi con qualcuno più bravo o disponibile di noi? Della serie … non voglio dover ringraziare nessuno!
E’ cosa che va attentamente approfondita.
Ma nel caso dell’aiuto agli altri come possiamo percorrere un cammino di genuino aiuto che sia frutto di un equilibrio, per quanto fluido, tra le nostre personali esigenze e le esigenze dell’altro?
Desidero oggi approfondire quest’ultimo interrogativo, rinviando ad altra occasione il tema “farsi aiutare”.
E’ indubbio che chi aiuta gli altri, in qualsiasi situazione, lo fa sia per agevolare l’aggiustamento di una situazione critica vissuta da una persona o da un gruppo di persone; sia per dare soddisfazione ad una esigenza personale, in genere anche se non sempre, del tutto legittima.
E qui entra in campo la dimensione che qualcuno definisce di auto-aiuto. Si tratta di conoscerla e saperla amministrare per raggiungere lo scopo di favorire in altri, con gradualità, una competenza, ossia aiutarsi in autonomia.
Perché ciò avvenga occorre che io per primo, se voglio aiutare altri, sia in grado di aiutarmi da solo, diventando competente in questo atteggiamento.
Del resto non è possibile aiutare gli altri se prima non si è capaci di aiutare se stessi.
Di quale atteggiamento stiamo parlando?
E’ un atteggiamento complesso, fatto di molteplici elementi.
In base a quanto da me vissuto, tra questi elementi sono presenti alcune posizioni forti: accettare di mettersi in discussione – quindi “umiltà”, desiderio di conoscersi a fondo – quindi “coraggio e fiducia”, unite ad un atteggiamento di profondo ascolto di sé – quindi “rispetto e amore” verso se stessi.
Soltanto con questo atteggiamento, composto senza dubbio di altre virtù, potrò costruire e strutturare l’equilibrio personale che permetterà di aiutarmi a restare centrato e ad evolvere e crescere. Solo così quando volgerò gli occhi fuori da me, lo farò aiutando gli altri con serenità, in modo tendenzialmente disinteressato, senza aspettarmi nulla in cambio che non sia il beneficio altrui [segue].
.
Gianni Faccin
.
.
Fonti e riferimenti
Aiuto alla persona – Gianni Faccin, GEDI
https://www.aiutoallapersona.it/