Fragili noi …

Rimaniamo, in questi giorni che precedono il “S. Natale”, sul tema “fragilità”.

Che significa questa parola e come possiamo avvicinarla nella sua autenticità?

È una parola che rappresenta una qualità. Di norma riguarda in ambito fisico la proprietà di un oggetto che alle prove meccaniche statiche presenta un carico di elasticità molto prossimo a quello di rottura, con modesta capacità di allungamento, e la proprietà di un materiale che alle prove dinamiche presenta scarsa resistenza all’urto.

Se dalla fisica andiamo alla medicina, scienza più prossima al software umano, troviamo la seguente definizione: facilità a rompersi, o diminuita resistenza a traumi. Ma anche bassa resilienza o vulnerabilità.

La cosa sconcertante è che – di norma – partiamo dall’idea che sono gli altri ad essere fragili o vulnerabili o anche deboli. Non solo, ma d’impeto diventiamo i “cavalieri bianchi” che cercano vie per aiutare in qualche modo.

In realtà la fragilità è una cosa che riguarda tutti. E’ una condizione normale di vita. La fragilità abita in ciascuno di noi.

Sorpresa? No, se ci pensiamo bene.

Secondo Eugenio Borgna, la semplice risposta è che “la fragilità fa parte della vita, ne è una delle strutture portanti (…) ne è una condizione normale”. Infatti tra la domanda e la risposta ognuno di noi potrebbe scrivere la storia della propria vita, in tutti quegli aspetti fragili che di solito tendiamo a nascondere agli altri e – di fatto – anche a noi stessi. E se risaltano anche solo in parte, non sfuggono più “al fascino stregato del pregiudizio che nasconde in sé un segreto disprezzo per la debolezza che si manifesta nella vita incrinata dalla malattia, dagli handicap e dalla condizione anziana”.

Il pregiudizio è una falsa credenza che ognuno costruisce per non farsi toccare dalla complessità e dai dolori che la vita stessa, nel suo svolgersi, porta con sé. Non ci fa piacere riconoscerci anche fragili. Quindi costruiamo giudizi a priori e diventiamo automaticamente giudici (di noi stessi e degli altri).

Laura Mazzeri ha scritto che “neppure desideriamo scorgere aspetti fragili nei genitori, nei figli, nel compagno e nell’amico più caro, perché le stigmate della fragilità che riconosciamo in loro potrebbero entrare in risonanza con le nostre”.

Arrivati a quel punto dovremmo accorgerci della nostra personale fragilità e occuparcene.

Già, occuparcene. Se non ora quando?

A proposito, buon Natale!

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IMG-20150524-WA0001  Gianni Faccin

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(Fonti: “La fragilità che è in noi” – Eugenio Borgna, Einaudi / “Tra due vite” – Laura Mazzeri; Giunti / http://www.Treccani.it)

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Pubblicato da dimmiTiascolto !

Centri di ascolto e di cultura comunicativa - emanazione Gsm San Giorgio Odv

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