Pubblichiamo oggi un contributo proposto alla comune riflessione da Ivonne Gecchelin, operatrice sociale del Punto d’Incontro San Giorgio, volontaria, già impegnata in diverse realtà associative, tra cui il Centro d’Ascolto S. Cuore e l’associazione Girasole di Schio.
Ivonne si focalizza sul Vangelo di qualche giorno fa, Mc 1.21-28 ma anche Gv 10.9-16, e lo rinvia alla quotidianità del suo e nostro impegno come persone che professano un credo. Vivere quotidianamente l’Amore significa andare oltre le “mani giunte e protese”, significa riempire quelle mani con il servizio concreto di aiuto agli altri, significa sporcarsi le mani. Circa l’Ascolto, c’è Ascolto e ascolto e di conseguenza occorre fare selezione prestando una speciale attenzione: il discernimento.
Spunto di riflessione a cura di Ivonne Gecchelin
E’ interessante e appropriato il commento di sorella Raffaella della Comunità di Bose, in particolare, alla pagina di Giovanni che puntualizza la figura del Buon Pastore, e che ben si accompagna alla proposta di Ivonne.
“”… Nel testo odierno vorrei sottolineare solo un aspetto: le mie pecore conoscono me e ascolteranno la mia voce. Come è possibile questa conoscenza, o meglio, questo riconoscimento della voce del pastore? Tutti desideriamo “la vita”, eppure la nostra esperienza quotidiana ci dice che molte volte diamo ascolto ad altre voci e siamo sordi alle parole che potrebbero guidarci su sentieri di vita. Desiderare “la vita” è anche il frutto di un’ascesi, di un imparare ad ascoltare il nostro desiderio profondo, le nostre possibilità. Nella tradizione biblica le attenzioni del pastore sono diverse in funzione dei bisogni delle diverse pecore (cf. Is 40,11). Ascoltare la voce del pastore significa imparare a capire la propria realtà: il proprio bisogno e il proprio desiderio. I ladri e i briganti che ci seducono e ci disperdono ci propongono spesso delle mete di eccellenza e dei propositi esemplari: il Signore Gesù ci chiede di essere noi stessi. Spesso questo è difficile e forse a volte pare drammatico, perché non sappiamo chi siamo. Il vangelo ci promette che c’è una voce che ci chiama, una parola che ci è stata consegnata, un desiderio che in parte è di Dio e in parte nostro: che abbiano la vita in abbondanza. Proprio poiché il desiderio non è soltanto nostro possiamo aver fiducia che, in un progresso che va da un inizio a un altro inizio, potremo custodire e far crescere quel segreto che il Signore ha posto in ciascuna delle nostre vite, segreto all’interno del quale troviamo la quiete e l’abbondanza di vita.
Chiunque ha un compito di “pastore” dovrebbe trasmettere la Parola ed esortare e consolare perché ciascuno possa entrare nel proprio personale segreto e lasciare che la Parola lo chiami per nome“”.
(monasterodibose.it – La vita in abbondanza: essere ciò che siamo – 10/1/2018)