“C’è un ascolto di superficie che non lascia scendere la parola in profondità, che tocca le orecchie ma non il cuore: in questo caso la parola donataci e subito dimenticata, “mangiata” e portata via dall’oblìo.
C’è un ascolto che non resiste alla prova del tempo: si ascolta con gioia ma poi non si comprende.
C’è poi un ascolto che è dissipato, che non è capace di discernimento: esso accoglie molteplici parole ma questa grande quantità di stimoli seducono e producono affanni e preoccupazioni, stordiscono e disorientano, soffocando così la parola di vita. C’è un troppo pieno che intontisce e “snerva”.
Infine c’è un ascolto che fa spazio, che comprende, ovvero fa scendere in profondità la parola, la custodisce, la medita, le lascia il tempo di maturare, di svilupparsi nei suoi molteplici sensi, di crescere: è l’ascolto pacato, concentrato, che ritorna spesso sulle parole ascoltate, che cerca in esse il seme di vita per trattenerlo e lasciare invece ciò che è accidentale, scorza e non sostanza. Questo è un ascolto fecondo perché preparato dall’attesa dell’incontro; è un ascolto fecondo perché sgombro di tutto ciò che potrebbe distrarre o ostacolare; è un ascolto fecondo perché si lascia trasformare da quel seme che caduto in esso ora cresce nelle sue profondità”.
(Sorella Ilaria – Monastero di Bose – 28 luglio 2017))

